di Roberto Gremmo – Proprio noi che non amiamo i nazionalismi ed il centralismo dobbiamo ringraziare il neo ministro dell’Agricoltura per avere, sia pure in modo maldestro, gettato nel dibattito politico una vera patata bollente, togliendo da un lungo oblio il termine “etnia”.
Parola innominabile in un’Italia superficiale che confonde specificità d’un gruppo umano con la razza e che porta dritto dritto chi la usa ad essere bollato come razzista.
Tutto questo e’ cancellato, grazie ad un uomo politico di prima grandezza che, con estremo sprezzo del pericolo, ha proclamato che esistono le etnie e lui vuole difenderne una, quella italiana.
E qui casca l’asilo.
Persino un comico come Maurizio Crozza l’altra sera gli ha fatto notare che nello Stato italiano non esiste una sola omogenea etnia, ma parecchie, tutte differenti e resistenti ad ogni tentativo di omologazione.
Dire che siciliani e piemontesi, veneti e sardi hanno una comune concezione del mondo, tradizioni e stili di vita può essere vero solo nella misura in cui il rullo compressore del consumismo, dell’ alienazione identitaria e del conformismo ha tolto l’anima etnica a questi Popoli.
Ma le differenze profonde restano e non si fondono.
Se gli autonomisti del nord smettessero di rincorrere gli scontenti delle tasse, le vecchie impaurite ed i padroncini fa dane’; se abbandonassero le distrazioni di massa delle mitiche riforme autonomiste e il ritornello frusto e ormai consunto del federalismo da salotto e da professori, per alzare il vessillo dell’Europa etnica, delle Piccole Patrie e dell’identità profonda dei Popoli senza Stato, metterebbero davvero in difficoltà il temerario ministro suddetto ma al contempo inaugurerebbero una stagione politica basata su valori profondi e la loro lotta non sarebbe, come oggi, legata alla ricerca d’un consenso su un terreno scivoloso senza principi.
Ma, purtroppo, non lo fanno.
Dimenticare le etnie o inventarsene di nuove dai colli fatali favorisce il nazionalismo.
Fare appello alle vere tradizioni locali fa alzare la testa.
Perche certe realtà sono indistruttibili.
Al ministro che vuole un sol corpo dalla vetta d’Italia a Pantelleria ed ai cacciatori di farfalle federaliste ricordo la lezione di De Gasperi, che la realtà italiana conosceva bene. Come ricorda Craveri nella biografia, dopo il referendum del 1946 a chi gli chiedeva perché il Nord Italia avesse votato in un modo ed il Sud in quello opposto, il lucido uomo politico rispose in modo lapidario: “e’ un voto etnico”. Certe differenze sono incancellabili.
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