Categorie: Opinioni

Tre Italie e sempre più divise. Lo scontro non è destra-sinistra ma tra aree regionali. E’ li che va trovata la quadra

di Sergio Bianchini – Regolarmente l’analisi dello spappolamento ormai generalizzato del paese evidenzia  la natura una e trina dell’Italia. 

Una perché in politica estera non ci sono alternative alla collocazione atlantica, europea e allo stesso tempo mondialista. Il nostro mondialismo è poi supportato dal massimo vertice della chiesa cattolica ed è di tipo umanistico ma converge oggi fortissimamente col mondialismo del capitale finanziario a guida anglo americana. 

Per cui il nostro mondialismo dotato anche della particolarità missionaria non si tocca. Ugualmente l’europeismo, finchè Francia e Germania non litigano, è la via obbligata di una terra, l’Italia, che si è sempre divisa proprio tifando per una delle due parti dello scontro eterno franco-germanico. 

Lo stile ondivago e abile nel galleggiamento degli interessi porta poi l’Italia a trovare anche uno spazio nelle relazioni con l’asia, sia nel medio che nell’estremo oriente per cui l’Italia non ha  nessuna inimicizia nel mondo. 

Italia quindi una ed unica nel mondo ma trina all’interno perché esprime istanze politiche dissonanti nei tre spazi storici territoriali fondamentali che la compongono. 

Al nord abbiamo Berlusconi, Salvini ma anche Zaia, che pur dello stesso partito ha in mente cose diverse da Salvini. 

Oltre a Berlusconi, Salvini e Zaia abbiamo Travaglio che esprime la diversità piemontese con caratteristiche non occasionali. Basta pensare ai Savoia, agli Agnelli, agli Olivetti, a De Benedetti. 

In Liguria c’è Toti originario di Viareggio e poi cresciuto nella provincia di Massa, ma risiede da 20 anni in provincia di Imperia. Pur avendo iniziato la politica e la professione giornalistica in Lombardia in area Mediaset e Berlusconi è tornato da alcuni anni nel territorio di origine. 

Abbiamo poi, in Emilia, Bonaccini. Come sempre l’Emilia Romagna, è più incline a schierarsi con la Toscana ed il centro Italia. Eppure l’attrattiva del nord sulla regione è potente e sarebbe ancora più potente se il nord avesse una iniziativa strategica in tal senso. Ricordiamo che il termine Padania fu inventato proprio dal primo presidente della regione Emilia Romagna, Guido Fanti. 

La Toscana esprime Renzi, che è insofferente ai tradizionali richiami del meridionalismo ma anche lei soffre della totale e sorprendente mancanza di azione strategica del nord nei confronti del centro Italia. 

Altri due membri autorevoli del centro Italia sono la Meloni e Calenda che rappresentano quel centrismo nazionalista che vede sempre in Roma il centro non del centro Italia ma dell’intera nazione. E’ quindi un centrismo egemonico che ha comunque la sua ragione d’essere. 

Il sud ha una rappresentanza quasi univoca e consiste in Conte erede di Cinque stelle con una tendenziale divaricazione rispetto al campano Di Maio pur membro dello stesso partito. Divaricazione che però non mostra ancora differenze programmatiche. Il sud è forte ma non sa e non può mettersi alla guida del paese. 

Il sud è stato la riserva del centro quando, col compromesso storico, si formò la nuova classe dirigente del paese. Un amalgama mal riuscito secondo D’Alema, miscuglio del vecchio ceppo democristiano e di quello comunista uniti al termine dei lunghissimi anni del terrorismo e con il crollo del sistema sovietico. 

Ma l’alleanza centro sudista (ideologicamente cattocomunista) non ha prodotto una via per lo sviluppo. Ha prodotto invece uno stato sociale abnorme, esagerato rispetto alle potenzialità economiche del paese e sostenuto da un gigantesco e crescente debito statale. Un debito statale che ha generato un fisco insaziabile con una tassazione ai primi posti nel mondo. 

La situazione è dunque bloccata. Bloccata rispetto a sbocchi positivi, ma molto attiva rispetto alla disgregazione dove tutti i centri di potere minori si manifestano nella loro limitatezza e dove appare chiaro che nessuno è in grado di avere una capacità egemonica e di guida generale. 

La situazione è descritta, sempre più a fatica, con la vecchia terminologia dello scontro destra sinistra ma in realtà lo scontro è tra i vari principati del paese ed avrà una soluzione solo se e quando alcuni di questi principati saranno capaci di allearsi su un programma di governo e di gestione realistica, attiva e positiva dello stato. 

Redazione

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