Categorie: Opinioni

Ponte sullo Stretto e caccia all’orso. Perché l’uomo sfida la natura?

di Roberto Gremmo – A separarci da Capitan mohito e dai suoi seguaci non c’è solo l’abissale contrasto sui destini del popoli padano-alpini ma più profondo c’è fra noi un abisso nel modo d’intendere il rapporto degli esseri umani con la natura.

Come si sa, il ministro delle grandi opere faraoniche ha “perso” la testa per il famoso ponte sullo stretto che, in zona pericolosamente sismica e in zona socialmente insidiosa, dovrebbe far dispetto al creato unendo quello che l’evoluzione geologica ha da sempre diviso.

La nostra idea del governo ci porta invece ad essere scettici sia sulla effettiva necessità del ponte sia sull’opportunità di gettare ancora milioni al vento per costruirlo. E il famoso Mose, tanto per fare un esempio, insegna.

Un altro test-finestra che rivela il dissidio fra l’autonomismo rispettoso della biodiversità in cui le comunità umane devono inserirsi senza pretendere di modificarla a capocchia, è la temo tragica storia dell’orso del Trentino, che i seguaci del Capitano sembra vogliano eliminare.

Certo, si tratta di un bestione pericoloso, così come lo sono gli esseri che vedono minacciato il proprio territorio, ma esistono molti modi per renderlo innocuo, come dimostrano altri paesi nel mondo. Basterebbe copiare.

L’orsicidio di marca mohitista e il monumentale pedaggiante nastro d’asfalto fra Scilla e Cariddi sono orrori morali ed errori politici che rivelano un profondo disprezzo per l’incontrollabile realtà che noi piccoli esseri umani presuntuosi non dovremmo mai violentare o ferire, godendone appieno la maestosità, convivendo anche coi suoi aspetti più controversi, appagandoci della sua bellezza. Senza volerla ferire. Perché prima o poi finirà per vendicarsi.

Stefania Piazzo

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