Categorie: Opinioni

La parabola dei compagni con la tessera, decisa dai non compagni

di Roberto Gremmo – Sono umanamente solidale con i vecchi compagni del PCI che, ostaggi del trasformismo dei loro capi, hanno mandato giù l’ultimo boccone amaro, imposto dalla folla senza volto degli elettori, in barba ai tesserati di partito.

Che fine amara, per chi ha creduto di far parte della cosiddetta “avanguardia della classe operaia”.

Nei momenti oscuri della dittatura, il pezzetto di carta con la falce e martello, l’Unita’” piccola piccola su carta riso e le sottoscrizioni del “Soccorso rosso” davano nelle fabbriche la speranza di un futuro di liberazione sociale ed erano il segno di una resistenza forte ed incrollabile.

Dopo la Liberazione, il giornale fondato da Gramsci tenuto piegato in tasca perché si vedesse la testata e nel portafoglio la tessera d’un partito con milioni d’iscritti davano conferma che se pure non aveva “da veni’ baffone” il cammino dell’ emancipazione era dritto e sicuro e l’iscrizione al PCI garantiva di essere avanguardia e, come diceva Stalin, “di una pasta diversa”.

Poi il dio è caduto.

I capi si sono riciclati in democratici legittimati dalla lingua lingua con gli ex nemici forchettoni baciapile e chi aveva le nuove tessere doveva far finta di credere che il nuovo cammino fosse iniziato con Moro e Berlinguer e ridursi a cuochi di salamelle nelle dopolavoristiche feste di un giornale che non c’era più; raduni sempre più scarsi. 

Nella discesa agli inferi del consociativismo, sempre convinti di contare qualcosa con la famosa tessera, gli ultimi compagni in buona fede dovevano mandar giù il boccone avvelenato del fiorentino venuto dallo scudo crociato, il professore bolognese che faceva le sedute spiritiche, tutti i cadreghinisti di Stato ma testardamente convinto di essere dalla parte giusta sventolando stancamente l’ultimo vessillo ideale dell’ antifascismo.

Ora tutto e’ davvero perduto, anche il prestigio della tessera perché il nuovo segretario di un partito che si dice democratico non lo hanno scelto i legittimi soci e titolari ma individui presi dalla folla, autocertificanti sulla fiducia il proprio ideale, espropriatori del legittimo diritto dei gregari certificati a scegliersi chi deve guidarli.

Triste destino quello dei compagni in buona fede che debbono mandar giù il rospo. E far finta d’essere contenti. Non hanno più la classe operaia, non contano niente.

Ben gli sta.

Immagine tratta da http://www.bibliotecamarxista.org/

Roberto Gremmo

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