Categorie: Economia

Roma ignora la questione settentrionale – Se è la provincia di Varese a formare i giovani per lavorare in Svizzera

di Stefania Piazzo – Ecco la risposta al taglio del cuneo fiscale per qualche mese dalle buste paga. Ed ecco anche la soluzione alla richiesta di forza lavoro che imprese e industria reclamano. Sobbalzo sulla sedia nel leggere la newsletter domenicale del portale della Tv svizzera italiana quando vedo il servizio dedicato alla preparazione all’esodo, non chiamiamola fuga, dei giovani frontalieri italiani verso la Svizzera.

“Da maggio a Luino (Alto Varesotto) si tengono corsi organizzati dall’ufficio In-formaLavoro, con il sostegno della Provincia di Varese, rivolto soprattutto ai giovani che desiderano trovare un’occupazione nella Confederazione”.

Sia chiaro, non si va allo sbaraglio, si emigra formati e consapevoli. E la Provincia ti prepara al grande salto. Non si emigra a casaccio.

“Un’iniziativa sicuramente lodevole – si legge – che stride però con gli allarmi lanciati da politici, associazioni economiche ed enti pubblici, soprattutto nell’ambito sanitario, confrontati con la carenza endemica di personale, dovuta per lo meno in parte all’esodo di manodopera verso la Svizzera, dove notoriamente i salari sono più pesanti. L’esplosione del numero di frontalieri negli ultimi vent’anni nella Svizzera italiana (erano 32’000 nel 2002 e oggi superano i 77’000) lo testimonia”.

Insomma, non c’è storia.

Forse non tutti sanno che nel gennaio scorso era stata consegnata una petizione, promossa dal sindacato UIL, alla Regione lombarda che chiedeva indennità “di frontiera” per il personale sanitario impiegato nelle strutture delle province di confine, altri invece (in particolare i politici leghisti) chiedono l’istituzione di zone economiche speciali (ZES)”.

Il senso era defiscalizzare gli stipendi di chi la Svizzera la vede dalla finestra di casa e porta oltre il confine tutto il bagaglio professionale acquisito in patria.

Ma se la politica forma i giovani per andarsene dove si guadagna di più, c’è chi al contrario cerca di fare un argine alla desertificazione. A Luino, cita ancora la tv svizzera, “Confindustria Varese ha promosso un’iniziativa di segno diametralmente opposto a quella citata di In-formaLavoro che ha lo scopo di trattenere e fidelizzare il personale attratto dalle sirene (paghe) elvetiche. Un corso post-diploma IFTS di un anno di specializzazione in robotica e automazione che coinvolge già una decina di aziende locali, che hanno assunto una quindicina di giovani. Il progetto formativo è realizzato in collaborazione con la fondazione ITS-Incom e lo stesso Comune di Luino”.

Non è un mistero che si registri il 30-40% di infermieri verso la confederazione. Chissà se un ministro italiano ha mai fatto un salto da quelle parti, al confine. Per scoprire il volto della questione settentrionale. Perché non risolvi il problema del costo della vita spedendo i pensionati nordici in Calabria per ridurgli le tasse.

E’ chiaro a tutti che non si può competere con le dinamiche salariali elvetiche, ma almeno si può o si poteva rendere meno ingrata la permanenza in Italia di chi non vuole morire dentro la gabbia delle buste paga italiane che, siccome siamo tutti uguali, devono essere identiche a Luino così come nell’ultimo lembo isolano che guarda verso il Nord Africa.

Sentite cosa dice l’Ordine delle professioni infermieristiche (OPI) di Varese. “Nel 2022, ha evidenziato il presidente Aurelio Filippini, ci sono state 350 partenze, a fronte di una media annua di 150. E per la prima volta le cancellazioni dall’albo delle infermiere e degli infermieri hanno superato il numero di nuovi iscritti”.

Stessa solfa per il responsabile dell’ordine lariano Giuseppe Chindamo, che ai giornalisti della tv spiega che “anche a Como per la prima volta sono di più le uscite rispetto ai nuovi iscritti”. Le prime, ha continuato il presidente dell’OPI di Como, sono state sopra i duecento quando normalmente se ne andavano alcune decine all’anno”.

Ma attenti bene, non si tratta solo di soldi. E’ una questione di meritocrazia. “Il sistema sanitario investe sul personale, dando la possibilità di crescere professionalmente, ti senti parte di un progetto” mentre in Italia c’è un alto livello di professionalità ma non viene riconosciuto”.

La Svizzera non è l’Eldorado, ma non è nemmeno lontanamente qualcosa che possa somigliare alla Repubblica della burocrazia, del Pnrr che non sai come spendere, dei ponti sullo Stretto priorità del Paese, delle pensioni parlamentari a 4 anni e qualche mese di contributi e via dicendo. Per approdare ad una Camera frastornata che non si è neppure accorta l’altro giorno di non avere i numeri della maggioranza per approvare la variazione di bilancio. Non sanno contarsi, possono capire cosa sia uno stipendio al confine tra l’Italia e la Svizzera? Insomma, il Nord non è cosa loro.

Stefania Piazzo

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