Categorie: Economia

Il grano Ucraino bloccato nei porti per la guerra. Ma dipendiamo dall’estero per il 64% per fare pane e biscotti

“È bloccato ben il 10% dell’export di grano e mais dell’Ucraina a causa della decisione di sospendere l’attività dei porti nelle città occupate dalla Russia”. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sugli effetti del blocco di quasi 4,5 milioni di tonnellate di cereali, tra grano e mais, stimato da Martin Frick, funzionario del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Wfp), che sottolinea i rischi per la fame nel mondo.”L’Ucraina – sottolinea la Coldiretti – e uno dei principali produttori ed esportatori e nel mondo esporta il 10% del frumento tenero destinato alla panificazione per un totale di oltre 18 milioni di tonnellate ma anche il 15% del mais per oltre 27 milioni di tonnellate. Il blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero a causa dell’invasione russa rischia peraltro di alimentare l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che – spiega la Coldiretti – si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati ‘future’ uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori”.

 “Una situazione che – denuncia la Coldiretti – nei paesi ricchi genera inflazione e mancanza di alcuni prodotti ma in quelli poveri allarga l’area dell’indigenza alimentare. Una emergenza mondiale che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, secondo l’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia peraltro che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais con una quota di poco superiore al 13% (770 mila tonnellate), ma garantisce anche il 3% dell’import nazionale di grano secondo lo studio Divulga. L’Italia in particolare è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati”.”Bisogna invertire la tendenza contenendo il caro energia ed i costi di produzione con interventi sia immediati per salvare le aziende che strutturali per programmare il futuro del sistema agricolo nazionale”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “occorrono investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma bisogna anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della biodiversità e come strumento di risposta ai cambiamenti climatici”. 

Redazione

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