Categorie: Economia

I disastri ambientali e la gestione delle risorse agricole. Un vicolo cieco

di Giovanni Robusti – Doppiamente ladro visto che piove sul bagnato. Ma oggi governo ladro non si può dire, se non al
passato. Tutto quello che succede è sempre colpa di prima. Colpa della siccità, che viene da prima. Si sente anche qualche furbetto del quartierino, ma quello alto: avete visto la siccità frutto del
cambiamento climatico come è finita ? Senza rendersi conto che è proprio il cambiamento ormai in
atto che genera queste contraddizioni. Magari, qualcuno ipotizza, agevolate anche da una specifica
gestione degli invasi romagnoli con poca lungimiranza. Ma saranno fake news.
Ma adesso fate fare a Noi che risolviamo tutto. I soldi non mancano. (sic?!) Quelli stanziati
certamente no. Quelli che arriveranno a terra magari qualche riserva la suggeriscono. Ma semmai
sarà colpa della Regione, purchè sia rossa ovviamente.


Il mondo agricolo, sicuramente quello più colpito, inizia già a battere cassa senza risparmio. Proteso
a fare come prima e meglio di prima. Basta che siamo lasciati liberi di fare a modo nostro.
Nessuno che ponga il dubbio se il nostro comportamento, anche agricolo, non sia all’origine del
disastro. Che non è il primo e purtroppo non sarà l’ultimo.


Mai guardarsi indietro. Il caldo sol dell’avvenire impone di guardare avanti. Testa alta e sguardo fiero.
Ma fiero de che!
L’agricoltura italiota, vertici in testa, ancora non ha accettato e quindi forse nemmeno capito, che le
scelte le fanno a Bruxelles. Perché il portafoglio, compreso quella delle monetine, lo abbiamo portato
e lasciato là dal 1962. E per fortuna!


A Bruxelles, dopo i periodi di incentivazione della produzione, quelli della limitazione coercitiva (le
quote), siamo arrivati all’agricoltura “ambientale”. Dalla fine del secolo scorso, non ieri, si è capovolto
l’assioma. Non è l’agricoltura che condiziona l’ambiente, ma l’ambiente che deve condizionare
l’agricoltura.


E sulla profonda convinzione di questo assioma, paghiamo congrui assegni annuali esentasse
azienda per azienda e supporti importanti agli investimenti strutturali al mondo agricolo. Sì,
paghiamo. Perché, se quasi metà del bilancio europeo è destinato all’agricoltura, chi alimenta il
bilancio europeo siamo tutti noi. Ma proprio tutti. Ricchi e poveri. Evasori e tassati. Perché la UE si
alimenta con l’IVA. Che è la tassa più trasversale che ci sia.


Mi sarei aspettato che il disastro portasse ad una riflessione sul come modulare il futuro
agricolo/ambientale. Ma pare di no. Bisogna rifare tutto come prima. E soprattutto, farlo in fretta.
Alla mia età non ci si stupisce di nulla. Il che non vuol dire non capire. Soprattutto non vuol dire tacere.
L’italica burocrazia agroambientale non ha mai accettato le linee comunitarie. Vanno bene i soldi ma
non i vincoli legati ai soldi. Abbiamo pagato alla UE tanti, ma proprio tanti, miliardi di euro in sanzioni.
Quanti nessuno saprà mai perché non passano dal bilancio approvato in Parlamento. Sono conti
sotto la allinea. Come diceva Monorchio a anche Tremonti, se ben ricordo.


Stiamo ancora oggi buttando nitrati in eccesso nella terra di cui peschiamo e beviamo l’acqua che
finisce a mare. Sprechiamo acqua per produrre cereali per fare la concorrenza all’Ucraina e al
Canada sulla falsa moda del made in Italy. Senza capire che noi siamo una economia, anche
alimentare, che trasforma anche ciò che non sempre produce. E quello è il nostro made in Italy. Non
l’autarchia o la presunzione della stessa.

Abbiamo ignorato i vincoli comunitari e abbattuto piante.
Piante che non fanno solo ombra o sono ostacolo all’uso di macchine operatrici agricole sempre più
stellari. Pagate sempre dal bilancio comunitario. Almeno per buona parte. La politica del Bio si sta
sempre di più riducendo ad una etichetta. Spesso frutto più di carte (pare anche moneta) che di reali
interventi. Buttiamo foraggi pregiati per produrre energia e insistiamo anche per farcela riconoscere
come energia rinnovabile. La rete di canali e derivazioni di origine Leonardesca che ci rendono
pianura fertile, si sta annientando. Dimenticando che i fossi portano acqua ma soprattutto la portano
via quando piove tanto.

Spenderemo soldi per fare buchi in terra con la scusa degli accumuli di
riserva di acqua. Gli invasi. Tacendo che il buco serve, in realtà, per lucrare sulla terra e sulla ghiaia
che se ne asporta. Anziché investire prioritariamente sui sistemi per l’uso razionale e limitato
dell’acqua. Gli Israeliani hanno reso fertile il deserto e non renderemo deserta la pianura fertile.
Ma tutto questo e tanto altro si modifica, si ribalta se si cambia mentalità. Se si cambiano i principi
che ispirano le scelte. Ma per cambiarli bisogna accettarli e per accettarli prima bisogna capirli.

Speriamo che, chi ha in mano il portafoglio e che su molte cosa è ben più avanti della conservatrice
mentalità italiota, sappia mantenere il timone verso una politica che vede già oggi l’agricoltura
europea come lo strumento principe per mantenere l’ambiente a dimensione “umana” e non agricola.
Noi dovremmo solo fare. Ma fare bene. Diversamente gli altri non ci pagheranno. E lo capiremo alla
svelta.


Se il buongiorno viene dal mattino del PNRR, pare che “alla svelta” e “bene” sia un’ipotesi, in italiano.

Redazione

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