Categorie: Cultura

LE VERITA’ DIFFICILI 3 – 1944, il giallo del delitto Carretta. Il nuovo libro di Veltroni. Ma non esistono anche “signori del terrore “?

di Roberto Gremmo – E’ appena uscito, in un tragico anniversario, il libro che Valter Veltroni ha dedicato ad una delle pagine più oscure del post-liberazione romano, il linciaggio del 18 settembre 1944 dell’ex direttore di Regina Coeli Donato Carretta, aggredito e poi ucciso lasciandolo affogare nel Tevere. Delitto che Veltroni addebita alle pulsioni vendicatrici, alla rabbia ed agli isterismi della folla scatenata e fuori di testa.

I crimini delle masse sono oggetto di studio dal 1891 quando il lombrosiano Scipio Sighele pubblico’ il saggio sulla folla delinquente, ma non sempre e’ sufficiente addebitare ad un moto collettivo degli eventi che, scandagliati attentamente, rivelano aspetti criminali nascosti e talvolta inattesi.

Questo vale per il linciaggio di Carretta, dove molti indizi potrebbero anche portare a ritenere che “La Condanna” che da’ il nome al saggio romanzato di Veltroni non fosse stata emessa solo dalla turba esaltata ma da una regia occulta. Le domande, quando si tratta di storia, così come i dubbi, sono sempre un utile contraddittorio.

Nel lontano 1997 il giornalista Pierangelo Maurizio in un saggio dal titolo “Roma ‘44, i signori del terrore” dopo una lunga inchiesta controcorrente avrebbe documentato il torbido retroscena di un delitto dove la folla non sarebbe stata vera protagonista ma strumento inconsapevole di trame e di intrighi, appunto, di signori delle vendette e delle lotte all’ultimo sangue anche per eliminare scomodi testimoni di quel verminaio di doppiogiochismo, tradimenti e viltà che fu Roma clandestina.

Per quanto mi riguarda, sul delitto Carretta ho pubblicato nel 2014 su “Storia ribelle” le relazioni (fino ad allora, ovviamente, inedite) di alcuni informatori dei “Servizi Segreti” dove subito dopo il delitto si sosteneva che “sarebbe stato organizzato dai comunisti, i quali avrebbero reclutato elementi scalmanati nei vari paesi dei Castelli Romani. Il pubblico aveva notato che tutti i giornali avevano espresso la loro disapprovazione per il delitto, all’infuori del giornale Unita’ organò del P.C. Il pubblico inoltre ricordava che fu un Comunista  Bencivegna (sic) che uccise il Tenente Barbarisi considerato dalla Regia Guardia di Finanza un vero patriota e da queste coincidenze ne traeva le deduzioni che si possono facilmente immaginare”.

Un altro informatore riferiva che in città si dava la colpa al Governo “ed in particolare modo a S.E. Berlinguer che aveva ordinato un processo all’americana, diramando 4 mila inviti e facendo assistere al processo le famiglie delle vittime, operatori cinematografici e popolo”  ma il rapporto che più di tutti adombrava l’esistenza di un’intrusione organizzata nell’episodio era quello che dava conto della presenza fra la folla di un alto esponente del PCI romano, ne faceva il nome e riportava il testo d’un suo concitato scontro verbale con due degli aggressori che dichiaravano di essere comunisti. Dietro alla folla vista da Veltroni, autori della condanna ci sarebbero stati altri occulti signori del terrore?   

(3 – continua)

Roberto Gremmo

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