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LINGUE E IDENTITA’-Istituto Culturale Ladino, è terremoto. Si dimette il direttore: “Fallito progetto nato 45 anni fa”

di Pier Luigi Crola – Carissimi amici, amanti e sostenitori di tutte le lingue e culture locali, foriere solo di ricchezza per tutti gli uomini veramente liberi. Vi scrivo perché si sta verificando un fatto veramente increscioso e davvero molto grave.
Chi mi conosce sa che da più di mezzo secolo ormai frequento, soprattutto in estate, le Dolomiti ed in particolare la Val di Fassa, non solo, ovviamente per le bellezze naturali; ci sono altri posti dove si possono ammirare paesaggi montani stupendi, ma le Dolomiti, e la val di Fassa, unita a tutte le valli ladine in particolare, hanno un valore aggiunto: la loro peculiarità identitaria, sia linguistica che culturale. Un patrimonio inestimabile di diversi secoli che, già da un po’ di tempo, ma soprattutto adesso, è in forte pericolo.


Come i ghiacciai si stanno ritirando, lo stesso capita a questo prezioso patrimonio identitario e il colpevole è sempre lo stesso: l’uomo. Nel primo caso, per motivi economici (spremere fino al midollo la natura per ricavarne dei profitti), nel secondo caso politico. E come i ghiacciai una volta ritiratisi completamente è impossibile che possano comparire di nuovo dal nulla, parimenti la nostra identità. E dico nostra perché, pur essendo milanese, l’identità ladina, come chiunque altra, non è solo patrimonio delle valli del Sella, riguarda tutti, è patrimonio dell’umanità, come le Dolomiti.


E a quelli che occupano legittimamente i posti nei consigli di amministrazione dico: il vostro è un potere piccolo, sia perché non vi occupate di scenari mondiali, ma soprattutto perché non siete eterni e verrete sostituiti, ma il valore che vi apprestate a gestire o state già gestendo è immenso, non immaginate nemmeno quanto.


Chi occupa gli spazi consentiti per legge, lo fa nell’interesse supremo dell’Ente che amministrate. Non sono ruoli che possono scendere a compromessi, né subire il peso del consenso di chi tira per la giacca.


Agire avendo a cuore soprattutto l’Ente che si amministra, magari non vuol dire essere automaticamente rieletti, ma agire in tal senso, porta la gratitudine di chi vive queste terre.
Con la speranza che queste mie parole possano essere di stimolo di riflessione a qualcuno, vi auguro buon lavoro nell’interesse di tutti, a partire da voi stessi.
E la lettera in calce che allego non è una testimonianza di accusa, ma di chi ama profondamente questo lavoro e non vuole che il frutto di secoli vada sperperato e distrutto per futili motivi.
Si tratta della lettera dell’attuale direttore dell’Istituto, Fabio Chiocchetti, allibito di fronte al fatto che al giorno d’oggi le discussioni all’interno dell’CdA vengano risolte in forme inusuali, che non riappacificano ma che dividono.


Pertanto, il sottoscritto auspica che questi spiacevoli “malintesi” vengano risolti al più presto, a vantaggio di tutti, ladini in primis.

Due parole di commiato

di Fabio Ciocchetti – Quanto è accaduto recentemente in seno all’Istituto Culturale Ladino a mio giudizio è un fatto di inaudita gravità. Certamente anche in passato l’Istituto ha conosciuto momenti difficili, causati da tensioni interne ed esterne: pochi episodi, tuttavia, che si contano sulle dita di una mano. Eppure, mai avrei immaginato di dover assistere – dopo 40 anni di onorato servizio, a pochi mesi dal congedo – ad una spaccatura così profonda e irreparabile, come quella determinata dalle dimissioni di due membri del Consiglio di Amministrazione, per il solo fatto di aver sostenuto pubblicamente le proprie opinioni.


A questo punto non ha più alcuna importanza stabilire chi abbia ragione e chi no: qualsiasi spazio di dialogo appare definitivamente compromesso. Nessuno canti vittoria: è una sconfitta per tutti. È il fallimento di un progetto avviato 45 anni fa dai Padri Fondatori, teso a dar fondamento e dignità culturale al percorso di emancipazione della comunità ladina di Fassa, un progetto per il quale si sono spese personalità come p. Frumenzio Ghetta, Valentino Chiocchetti, don Massimiliano Mazzel, Remo Locatin, Luigi Heilmann e tanti altri.


Con quanta amarezza ripensiamo oggi alle parole pronunciate con voce commossa dal professor Heilmann, indimenticabile Maestro, nel settembre1976: «Fae l’augure che sto Istitut che ancö ordion via l’abe da esser proprio vosc Istitut, löch olache ve binerede a una e a una laorerede zenza beghe e pontilie».


Parole che per decenni hanno ispirato l’impegno di una variegata e numerosissima schiera di studiosi, insegnanti, studenti, laureandi, ricercatori, operatori culturali, amministratori, che dentro e fuori le mura dell’Istituto hanno lavorato con passione e dedizione, facendo crescere nel tempo questa istituzione, guadagnandole un prestigio riconosciuto a livello locale, nazionale e internazionale, un prestigio che ha continuato sempre più a riverberarsi sulla Val di Fassa e sull’intera comunità ladina.


Se dunque il ladino, da motivo di unità e orgoglio diventa tema di divisione, se il luogo deputato a custodire la memoria e a valorizzare il patrimonio comune è ridotto a “terra di conquista”, anziché continuare ad essere punto d’incontro tra le generazioni, terreno di coesione sociale, luogo di raccolta delle forze migliori della valle, come è stato per decenni, allora non è l’Istituto che ha mancato la sua missione: è il fallimento di un’intera comunità, quella che su tali basi aveva progettato di costruire gli strumenti di autogoverno destinati a garantire anche in futuro la propria sopravvivenza come minoranza linguistica.


Mi accingo dunque mestamente a portare a compimento il mio mandato, dopo oltre quarant’anni di servizio. Prendendo spunto dalle parole di Luigi Heilmann, rivolgo un pensiero di speranza ai giovani, che negli anni scorsi sempre più numerosi hanno collaborato all’attività dell’Istituto con la loro vitale esuberanza e con il loro entusiasmo: «L’Istituto è vostro, siatene degni.

Quando questa terribile “doppia tempesta” sarà passata – perché passerà, statene certi – tornate a popolare le “stanze della memoria”, tornate a frequentare la Biblioteca, il Museo, gli archivi: ritroverete le tracce dei vostri antenati, le orme lasciate dai Pionieri, come Hugo de Rossi, Luigi Canori, p. Frumenzio, Simon de Giulio, che hanno speso una vita per salvare la lingua e la cultura della gente di Fassa; troverete un’équipe di persone motivate e ben preparate, che come in passato sapranno orientare le vostre ricerche, assecondare le vostre curiosità, sostenere i vostri progetti, offrirvi ogni opportunità di crescita professionale e umana, in modo che possiate diventare davvero l’intellighentia del futuro, la guida spirituale e morale di cui la nostra comunità ha tanto bisogno.
E infine, per usare le parole del Canori, ricordate sempre: “El miec che se pol far / per far del ben a n’anima / l’é defenir sova opera / seghitan a ben far”».

Photo by Markus Spiske

Redazione

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