di Roberto Gremmo – Acchiappare un pezzetto di vita di un personaggio celebre è sempre rischioso ma diventa un falso storico se si prende a pretesto un vissuto senza contestualizzarlo nei tempi e nei luoghi.
Non per assolvere o condannare, ma per capire.
L’assalto squadrista di anime belle e di osceni teppisti a Indro Montanelli mi pare davvero vergognoso.
E lo dico non solo perché (dopo Guareschi) fu uno dei pochi giornalisti italiani ad andare sempre cocciutamente controcorrente, ma perché in tempi difficili, Montanelli fu l’unica grande firma a sostenere i primi, timidi e tutti in salita, tentativi autonomisti del Nord.
Il suo sostegno attivo ci venne dal “Giornale” nell’ormai lontano 1978 quando quasi solo, assieme al professore e poeta Antonio Bodrero, avevo iniziato a pubblicare il giornale-francobollo “Rinascita Piemontese” e stavo conducendo una campagna (andata comunque a buon fine) per una legge regionale che garantisse l’insegnamento della nostra bistrattata lingua Piemonteisa nelle scuole.
Con tutto lo spirito di toscanaccio anarchico, Montanelli mi aprì le colonne del suo giornale e, generosamente, mi scrisse una lettera d’incoraggiamento che pubblicai subito, commosso e riconoscente, in prima pagina sulla mia striminzita “Rinascita”.
Incoraggiandomi ad “insistere almeno presso le persone di buon senso” in difesa di quella che definiva “lingua piemontese” il grande giornalista si diceva persino disposto a “cogliere la prima occasione per dar(mi) una mano”.
Giù il cappello… anzi in Cilindro.
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