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A settembre ancora didattica a distanza? Da spararsi

di Laura Aresi – E’ la notizia del giorno sul fronte scuola: i sindacati pongono il veto al ritorno sui banchi italiani previsto per il 14 settembre prossimo. Una data che ad oggi era stata accettata più o meno uniformemente dalle regioni italiane, con alcune motivate eccezioni: se in Trentino infatti la data della riapertura è fissata per il 7 settembre, martedì 15 settembre dovrebbe essere il giorno zero per Toscana ed Emilia-Romagna ed il 16 settembre per il Friuli Venezia Giulia. Il fanalino di coda è rappresentato dalla Puglia, che farebbe suonare le campanelle il 24 settembre.

Tutto coniugato al condizionale. Perché secondo le parole di Francesco Sinopoli, segretario Flc Cgil scuola, pronunciate nel corso della conferenza stampa in remoto “La scuola si fa a scuola” indetta dai sindacati congiunti Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, «oggi le condizioni per cui le scuole riaprano in presenza non ci sono: inutile continuare a raccontare che le cose vanno bene, bisognerebbe essere onesti. A causa del ritardo con cui il confronto è iniziato e la scarsità delle risorse la situazione delle scuole è drammatica. I dirigenti scolastici sono a caccia di spazi; serve un organico straordinario che al momento non c’è. La preoccupazione che sta nascendo è che siccome il tempo scuola si ridurrà si tornerà alla didattica a distanza».

L’assunto dei sindacati, ossia che a settembre il tempo scuola verrà fortemente ridotto a causa della mancanza degli spazi idonei per fare lezione e degli insegnanti aggiuntivi per lo sdoppiamento delle classi pollaio, porterebbe una grossa difficoltà gestionale da parte dei genitori, con la drammatica conseguenza del ritorno alla didattica a distanza.

Sindacati che non intendono affatto assumersi la responsabilità di un freno alla ripartenza dell’istruzione italiana, nel limbo ormai dalla fine di febbraio, almeno per le regioni padane “quarantenate” per prime. La colpa sarebbe solo ed esclusivamente del Governo e in particolare del Ministro Lucia Azzolina, che non avrebbe affrontato per tempo il problema.

Che dire? Un attacco alieno in piena regola: ma fosse solo quello. Riuscirà infatti la superesposta titolare del dicastero di via Trastevere, fra una cumparsata televisiva e un vaticinio sul canale Facebook, a reggere le lame rotanti del Magnifico Arcuri e della vicesegretaria Ascani, impegnati a commissariarle la poltrona mancante delle debite rotelle? Entro una manciata di giorni le scuole devono consegnare al famigerato cervello centrale tutti i dati geometrici per la riapertura secondo il vangelo del distanziamento, e ordinare i banchi singoli da corsa smaltendo quelli doppi (ma in Padania chi ha più visto banchi doppi dal 1976 in poi, ossia gli anni furenti del debutto di Goldrake nonché della chiusura dell’era dei remigini, ossia del primo ottobre facente rima con il ritorno sui banchi?), e i comuni trovare urgentemente spazi aggiuntivi fra oratori, teatri e cinema.

Ma nel frattempo la Nostra Signora del MIUR, in tour galattico nel cuore della Borbonia, perde tempo prezioso su fronti non istituzionali a battibeccare con Salvini, sfidando il leader della Lega (salviniana) a singolar tenzone in tivù: troverò gli insegnanti, i soldi, riaprirò tutte le porte e le finestre e i bagni delle scuole e te la farò pagare cara. E lo sfidato cavaliere nobilmente replica: sono pronto al confronto, dove vuoi, quando vuoi (In telediretta dal Papeete forse? La cosa si fa interessante).

Non sia mai che da questo romantico idillio, da questo remake di Tancredi e Clorinda (ci auguriamo un’uscita di scena diversa dell’eroina, se uscita dev’esserci) riparta la scuola italiana. A noi, francamente, per riprendere un mantra caro alla Lucia nazionale, questa Nuova Scuola pare davvero tutto un cinema. Speriamo solo estivo: ma l’estate, si sa, è foriera anche di temporali improvvisi. Speriamo. Serve, ed è urgente, una bella rinfresca

Redazione

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