di RICCARDO POZZI* – Parlar di tasse in Italia è come parlare di calcio, siccome tutti ne parlano, tutti si sentono esperti in materia. Le tasse sono una cosa molto seria ma nello stesso tempo abbastanza semplice
Vale la pena, tuttavia, di ricordare alcuni dati, sganciati completamente dalle opinioni.
Il primo. In Italia lo Stato preleva troppe tasse se le mettiamo a confronto con i servizi che eroga, lo possiamo dire perché la Germania con meno prelievo riesce a erogare servizi impietosamente migliori (CGIA di Mestre-G.Bortolussi, “Cornuti e Mazziati” Sperling e Kupfer), perciò non è vero, come ripete da decenni la sinistra, che pagando tutti pagheremmo meno, pagando tutti spenderebbero di più e probabilmente sempre male.
Secondo. Una diminuzione delle imposte in modo piatto e poco progressivo è, aritmeticamente, un oggettivo vantaggio a chi ha redditi superiori a quelli che oggi consideriamo propri della classe che lavora.
Perciò la cosa più equa, potendo e volendo esercitare tale opzione, sarebbe quella di diminuire la criminale progressività odierna, certo, concentrandosi nell’appiattire la curva impositiva ,con speciale attenzione alle aliquote più basse. Ma questo è un paese strano: mentre il Nordest cresce più della Germania, nel Sud Italia ci sono regioni dove l’incidenza del sommerso, se escludiamo pubblica amministrazione e pensioni, arriva addirittura al 80% (Osservatorio del nordovest, Prof. Ricolfi). In questo caso non serve a nulla appiattire le imposte che, infatti, non sembrano turbare i sonni di quelle regioni.
Terzo. Quando i commissari per la “revisione della spesa”, che si sono avvicendati alla consulenza per l’esecutivo, hanno portato tutti quanti la stessa ricetta ,sono stati tutti defenestrati. Perché?
Perché tutti sanno bene che la tassazione non è un evento atmosferico che rovina inaspettatamente sulle nostre esistenze, ma è figlio legittimo di una cosa chiamata spesa pubblica. Tuttavia, ogni volta che si individuano spazi per ridurre la spesa senza diminuire i servizi, il potentissimo partito dello spreco, che sarebbe più corretto chiamare “parassitismo” si mette di traverso e fa in modo che venga tagliata la qualità dei servizi e non la sua parassitosi. Così la gente se la prende con la riduzione di spesa e con i tagli e punisce elettoralmente chi li opera, premiando chi promette di perpetuare la spesa o aumentarla.
In sostanza è del tutto fuorviante ma molto efficace parlare di provvedimenti Robin Hood, che tolgono ai ricchi, o di misure alla Superciuck che tolgono ai poveri. La realtà è che in questo paese nessuno è più in grado di recuperare la spesa di spreco, o parassitaria che è il vero paracarro al traino che impedisce la crescita.
Nessuno è politicamente in grado di revocare le finte invalidità perché i tg mostrano subito veri invalidi ai quali hanno tolto per sbaglio la pensione, nessuno tocca i forestali ormai più numerosi che nel Canada perché ci mostrerebbero subito gli incendi non domati per mancanza di mezzi, nessuno taglia gli ospedali con più portantini che lettighe perché uscirebbe subito il caso dell’infartuato che non ha trovato posto per il taglio dei letti, nessuno taglia gli uffici pubblici con più impiegati che scrivanie, anche se dopo le inchieste sui furbetti del cartellino non ci sono abbastanza scrivanie per tutti gli impiegati che si presentano al lavoro.
Il partito del parassitismo è forte, trasversale e non teme schieramenti politici, perché vive nelle tane della burocrazia ormai scavate come catacombe in decenni di clientelismo voto scambista.
Questa nazione morente si regge sui debiti che nessuno riuscirà a pagare, e anche la sua parte più sana ha un cappio al collo, quello della sua fattuale irriformabilità. Chi ha la forza politica per rompere questa catena si faccia avanti. Vincerà le prime elezioni, perderà le successive e poi pubblicherà un libro, in prima serata da Vespa.
Photo by Chris Barbalis
Riccardo Pozzi*, lettore quotidiano lanuovapadania.it
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