di Roberto Gremmo – Un amico che era presente sabato alla tapina adunata romana dei fedelissimi di “prima gli italiani” mi ha raccontato che l’unico momento di vero imbarazzo c’è stato quando tre giovani veneti si sono presentati, inattesi, in piazza sventolando i vessilli della Serenissima e proclamando a gran voce di essere “sempre e solo veneti”.
Al raduno c’erano anche due bandiere sarde coi quattro mori ma non hanno fatto notizia, poiché è da tempo che il sardismo politico non ha più la fiera autonomia del Lussu e dei Columbu ma è ridotto ad elemento di folklore locale, come i mammuttones, i diavoli anzipirri di Sant’Antonio o le Janas e le Birghines, che spaventano i bambini ma sono pericolosi solo per finta.
I ragazzi venetisti orgogliosi di esserlo fanno invece paura davvero. Perché provano che malgrado il forsennato trasformismo italianista e le lusinghe cadreghiniste del poltronificio papeetista del partito che fu già del Nord, lo spirito identitario non si è ancora spento, ed uno zoccolo duro di etnisti, indipendentisti e nazionalitari resiste e persiste. Alla faccia delle nuove nomenklature mohitiste che la fanno da padrone.
I tre coraggiosi militanti hanno solo sbagliato piazza, perché il loro gesto controcorrente ben difficilmente poteva essere apprezzato dalle centurie che si apprestano ad apparentarsi con Forza Italia, Tajani, e Renzulli nel nome dei colli fatali, al canto di fratelli d’Italia e blaterando dei sacrosanti diritti del Sud al solo scopo di frenare la crescita degli altri fratelli, quelli del partito con la fiamma dell’Idea, che è sempre quella. E che brucia, sempre più vicina a sorpassare lo stanco guerriero di Legnano nella nuova versione nazionalista.
Ovviamente, vinta la sorpresa, l’assembramento vicinante dei nuovi patrioti ha continuato il proprio rito di beatificazione del capo e il gesto di sfida non ha lasciato nessun segno .Anche perché attorno a quei tre scapestrati vessilliferi d’una libertà perduta c’è purtroppo un deserto. Difficile pensare possano essere davvero credibili i numerosi, litigiosi e divisi, gruppi sedicenti “venetisti” che per ora non trovano nemmeno un minimo di progetto comune fra di loro.
Impensabile che personaggi politici di prestigio come Zaia possano rompere il patto di neutralità siglato con il Capitano e dare autonomia politica al loro, sincero senza ombra di dubbio, amore per la “Patria Veneta”.
Però, sfidanti il ridicolo e correndo il rischio d’essere coperti d’improperi ingiuriosi, tutti coloro che credono nella libertà dei Popoli oggi colonizzati del Nord possono prendere esempio dagli ardimentosi ragazzi della piazza romana sventolando di tanto in tanto, quando possibile, i loro vessilli. Ed è già qualcosa.
Photo by Daniele Barison
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