di Luigi Basso – Chi credeva che le naccarate delle prefiche fossero una delle specialità esclusive di Casa Italia si è dovuto ricredere guardando ai piagnistei che si sono levati da Bruxelles per la decisione del Ministero degli Esteri Britannico di non riconoscere il pieno status diplomatico di ambasciatore al rappresentante della UE nel Regno Unito.
La propaganda UE si è messa così in moto per diffondere la velina di base delle narrazioni intorno al fatto: è un errore gravissimo, la UE è vittima di un torto.
In realtà, al di là dei motivi politici che hanno spinto il governo Johnson ad adottare la decisione, bisogna dire che sul piano giuridico la UE ha torto marcio e Londra ha irrimediabilmente ragione.
La UE infatti non è uno Stato Federale, come ha perfino sentenziato il 5 maggio del 2020 la Corte Costituzionale Tedesca, ma è una organizzazione internazionale come tante ed i suoi inviati nel mondo non hanno diritto allo status di ambasciatori. Punto.
Dire che la UE è un super stato, soprannominare i commissari UE col titolo di Ministri, scrivere che il Consiglio Europeo è l’organo esecutivo come ci è toccato leggere su qualche giornale, equiparare la BCE alla FED, e così via, sono tutte finzioni e inganni, nella migliore delle ipotesi sono errori frutto di incorreggibile ignoranza.
L’inganno di fondo, peraltro, rimane quello di far credere che il diritto comunitario prevalga su quello dei singoli stati, il che è una balla come ben sanno i tedeschi.
Tuttavia, siamo certi che l’indegna ed ingiustificata gazzarra sulla mancata equiparazione degli inviati UE agli ambasciatori, non sarà l’ultima pagliacciata alla quale dovremo assistere: infatti, ex falso sequitur quodlibet.
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