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Fondi consiglieri Lombardia, le motivazioni della sentenza: per i giudici “Spese non istituzionali”

“Palese e’ l’estraneita’ a fini istituzionali delle spese, assai numerose, effettuate per un solo coperto, ovvero consumazioni al bar” e “nessun collegamento con finalita’ istituzionale, poi, risulta a giustificazione delle ricevute di spese di ristorazione per importi molto rilevanti” come 600 euro per 6 coperti. Lo scrive la Corte d’appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato la condanna, tra gli altri, a un anno e 8 mesi per peculato per l’attuale capogruppo della Lega in Senato ed ex consigliere lombardo Massimiliano Romeo, tra gli imputati nel processo di secondo grado con al centro la cosiddetta ‘Rimborsopoli’ al Pirellone. La Corte, presieduta da Rosa Luisa Polizzi, a luglio aveva anche accolto dieci richieste di patteggiamento, tra cui quella dell’ex igienista dentale di Silvio Berlusconi e un tempo consigliera regionale azzurra Nicole Minetti a 1 anno e 1 mese in continuazione con i 2 anni e 10 mesi inflitti per il processo ‘Ruby bis’, con la pena che ha raggiunto cosi’ i 3 anni e 11 mesi. I giudici, in linea di massima, hanno confermato con la maxi sentenza (oltre 900 pagine di motivazioni), con qualche ritocco al ribasso, per via della prescrizione dei reati commessi nel 2008, le condanne per una quarantina di imputati per peculato, in linea con le richieste del sostituto pg Massimo Gaballo. Tra le condanne i 2 anni e mezzo per Renzo Bossi, il figlio di Umberto Bossi, a cui e’ stata pero’ revocata la confisca disposta dal Tribunale in primo grado, e un anno e mezzo per l’eurodeputato della Lega Angelo Ciocca. 

 A Romeo venivano contestate quasi 22mila euro di “spese di ristorazione” per “tre anni di mandato”, scrive la Corte, con “numerosi rimborsi” che “si riferiscono” agli “stessi esercizi commerciali”. E cio’ “a dimostrazione del carattere abituale ed informale del contesto, strumentale alle esigenze di mero ristoro o svago dell’imputato, indicativo della natura egoistica delle spesa”.

Per i giudici, poi, le “deduzioni difensive” contenute in una memoria “costituiscono esse stesse un formidabile riscontro della prospettazione accusatoria” sul “carattere non istituzionale delle spese”. Si tratta di “mere esigenze personali” dell’imputato e “del suo staff”, seppur “collegate a giornate di lavoro” e che dunque come tali dovevano trovare “adeguata soddisfazione nelle altre poste di indennita’ riconosciute al consigliere”. E pure gli “incontri con i personaggi del mondo politico, socio-economico del territorio, avulsi da specifici eventi di rappresentanza del gruppo” consiliare “costituiscono espletamento – spiega la Corte – dell’attivita’ politica del consigliere, diretta a mantenere e rafforzare la sua base elettorale”. Per i giudici la pena non puo’ essere abbassata tenendo conto del “danno cagionato” e della “intensa reiterazione delle condotte criminose”. Nelle centinaia di pagine di motivazioni i giudici ripercorrono, posizione per posizione, tutti i casi di quei politici ed ex politici processati con l’accusa di essersi fatti rimborsare, tra il 2008 e il 2012, con soldi pubblici, per un totale di circa 3 milioni in quattro anni, le spese per l’acquisto di regali o di cartucce da caccia, ‘gratta e vinci’, cene da centinaia di euro per pochi coperti e pure il banchetto di nozze della figlia. Tra le vicende quella di Renzo Bossi, anche lui condannato per “spese di ristorazione di carattere palesemente personale”, come RedBull, caramelle, cocktail e sigarette. Ma anche “esborsi ripetuti” per comprare “materiale informatico” e pure un “frigorifero”. 

Stefania Piazzo

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