Categorie: Economia

La Fed e il decimo rialzo dei tassi in 14 mesi. Oggi tocca alla Bce

La Federal Reserve con una mossa largamente attesa ha alzato (con voto unanime) per la decima volta consecutiva in 14 mesi, di un quarto di punto, i tassi d’interesse portandoli al 5-5,25%, al top da 16 anni. Nessuna decisione su un eventuale stop nella politica dei tassi e ogni decisione al riguardo sara’ presa nella riunione di giugno. E’ questo punto che non ha convinto Wall Street che dopo un andamento rialzista ha invertito rotta chiudendo con il Dow Jones in calo dello 0,80% a 33.414 punti, l’S&P 500 ha perso lo 0,70% a 4.090 punti, il Nasdaq e’ arretrato dello 0,46% a 12.025 punti. Il lavoro della Fed, come ribadito dal presidente Jerome Powell, “e’ di riportare l’inflazione al 2%” perche’ “senza stabilita’ dei prezzi l’economia non funziona per nessuno”, ma per raggiungere l’obiettivo “ci vorra’ del tempo”, per questo “credo che tagliare i tassi di interesse non sarebbe appropriato”. Piu’ che di un taglio, gli analisti si interrogano su una possibile pausa nell’approccio da ‘falco’ della Fed, un tema pero’ che “oggi non e’ stato preso” in considerazione, mentre “ci porremo questa domanda a giugno”, ha spiegato Powell che tuttavia ha invitato a notare i ‘toni’ piu’ accomodanti utilizzati nel comunicare la decisione con la quale sono stati alzati i tassi d’interesse di 25 punti base.

Nella nota ufficiale, infatti, e’ sparita la formula precedente secondo la quale ‘ulteriori giri di vite potrebbero essere appropriati per mantenere la politica monetaria sufficientemente restrittiva per riportare l’inflazione al 2% nel corso del tempo’. Al suo posto ha fatto capolino la frase secondo la quale per le prossime mosse si ‘terra’ conto dell’inasprimento cumulativo della politica monetaria, dei ritardi con cui la politica monetaria influisce sull’attivita’ economica e sull’inflazione e degli sviluppi economici e finanziari’. Si tratta “di un cambiamento significativo”, ha sottolineato Jerome Powell spiegando del resto che nel Comitato “c’e’ una valutazione generale sul fatto che siamo piu’ vicini” alla fine degli incrementi. Largamente dibattuto in conferenza stampa il tema del sistema bancario, finito nella bufera dopo le criticita’ che hanno coinvolto alcune banche regionali, sottovalutate a livello internazionale rispetto ai ‘big’ del credito a stelle e strisce, ma che negli Usa gestiscono il 50% degli impieghi e della raccolta. “Le condizioni sono migliorate” e “il sistema bancario e’ forte e resistente”, tuttavia “dobbiamo affrontare delle regole per rendere le banche piu’ resilienti e siamo sicuri che lo faremo”, ha detto il presidente della Fed. Sul fronte macro, invece, Powell ha detto di non credere che una recessione “sia probabile”, anzi “le possibilita’ che si possa evitare sono piu’ elevate di quelle che si verifichi”, tuttavia “non si puo’ escludere uno scenario di recessione blanda” anche se quello piu’ probabile e’ “di un’economia che crescera’ in modo modesto”. I dati economici degli Stati Uniti rimangono contrastanti ma mostrano alcuni segnali di attenuazione, con un rallentamento della crescita a un tasso annualizzato dell’1,1% nel primo trimestre.

 toccherà al Consiglio direttivo della Bce. Qui il quadro è più articolato. Gli ultimi dati – che il capo economista Philip Lane considera rilevanti proprio per decidere il nuovo rialzo  – hanno fornito indicazioni contraddittorie. L’inflazione di aprile al 7% è stata leggermente più elevata di marzo. Contemporaneamente c’è stato anche il primo, seppur risicato, rallentamento della “inflazione di fondo”, al 5,6% (cioè l’indice senza energia, alimentari). La dinamica del credito bancario nell’eurozona ha mostrato un nuovo peggioramento. Le banche stringono i cordoni della Borsa ma anche la domanda di prestiti sta calando sia da parte delle imprese, sia da parte delle famiglie. E intanto, al di là dei dati complessivamente positivi sul Pil del primo trimestre, le imprese dell’eurozona non sembrano in forma smagliante. 

Stefania Piazzo

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