Categorie: Economia

Cassa integrazione? Aspetta e spera. Anche le banche non sono ancora pronte… Se ne riparla a maggio

di Elsa Farinelli – Avete brioches da mangiare in casa? Perché se avete finito il pane e aspettate la cassa integrazione promessa, mettetevi comodi. perché i tempi saranno lunghissimi.

Quell’anticipo bancario infatti si è preso una pausa di riposo. Anzi, un riposone. Nonostante l’accordosiglato il 30 marzo 2020 tra ABI e Parti Sociali per, si fa per dire, accelerare l’erogazione degli importi a sostegno del reddito dei lavoratori resta ancora al palo, bloccato dalla mancata operatività degli accordi da parte delle banche.
È quanto emerge dall’indagine “Emergenza COVID-19 e cassa integrazione” condotta tra l’8 e il 9 aprile dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro presso 4.463 Consulenti del Lavoro.

Alla prova del nove, anche questo fronte si incarta. Prima si è incartato l’Inps, poi lo stesso governo cambiando a domande già inoltrate, le regole per il bonus dei 600 euro.

Ora tocca alla cassa integrazione. Ce n’è per tutti, basta mettersi in fila e arriva anche il proprio turno.

In ritardo, dice lo studio, si trovano non solo gli istituti di credito più piccoli, ma anche i grandi gruppi, da UniCredit a Intesa Sanpaolo. Sebbene un po’ più avanti degli altri, anche queste banche sono ancora molto lontane dal raggiungere gli obiettivi di efficienza che l’emergenzialità del momento richiederebbe: con riferimento alla prima dichiara che sono operativi gli
accordi il 28,7% degli intervistati e per quanto riguarda la seconda il 23,7%. A seguire, le banche di credito cooperativo, enti tradizionalmente attenti alle esigenze di territorio, ma anche loro adempienti solo in minima parte (22,4%), mentre ancor più impreparate sono MPS (15,5%), BPER Banca (14,5%), UBI (13,3%) e Banca Popolare di Sondrio (11,3%).

E sì che sono passati già dieci giorni dalla sottoscrizione dell’accordo. Ancora troppa incertezza contraddistingue lo strumento se la
maggior parte dei Consulenti del Lavoro chiama in causa la scarsa chiarezza delle procedure , indicata al primo posto dal 21,3% dei rispondenti. Seguono l’eccessiva modulistica (17,2%) e la scarsa preparazione delle banche a gestire lo strumento (16,5%), assieme all’indisponibilità del datore di lavoro a firmare l’atto di
benestare con assunzione dell’obbligo solidale (15,6%). “Anche i tempi lunghi per evadere le pratiche – si legge nel report – rischiano di inficiare la natura di uno strumento che pure potrebbe risultare estremamente utile (14,3%), mentre al confronto sembrano sollevare meno criticità sia l’inappropriatezza del merito creditizio (7,9%) che la mancata attuazione degli accordi sul territorio (7,2%)”.

Chiamarlo disastro è poco.

A seguire, i Consulenti denunciano parimerito l’eccesso di burocrazia, data dalla complessità delle procedure per la richiesta degli ammortizzatori sociali (74,8%) e dai ritardi e difficoltà che hanno caratterizzato la fase iniziale di accesso agli strumenti, a partire dal blocco del sito Inps (74,4%).
Ancora, tra i principali ostacoli, vengono segnalate dagli intervistati le incertezze del settore artigiano nel ricorso ai fondi FSBA (68,6%), così come i ritardi delle regioni nella definizione degli iter e degli strumenti per l’accesso alla Cassa integrazione in deroga (65,2%) e, non ultimo, la carenza dei fondi per la liquidazione degli assegni (61,9%).

Stefania Piazzo

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