Categorie: Cultura

Il declino del liberismo sessuale. E non è solo la fine del topless

di Sergio Bianchini – Sul Corsera del 27 agosto compariva un lungo articolo dove si parlava del declino in Francia della moda del topless che nel 1984 era praticato dal 43% delle donne e adesso solo dal 20% con tendenze alla reazione infastidita degli astanti non “praticanti”.

Poco tempo fa commentando la nuova linea di abiti da sposa di Valentino, che sempre bianchi e lunghi lasciano però i seni completamente scoperti, mi sono confrontato con un gruppo cattolico. Ebbene, l’accettazione del seno nudo era assolutamente maggioritaria. Chi per gioia diretta, sia femmine che maschi, chi per comprensione e libero arbitrio tutti sostenevano che il seno libero va bene. Di più, era evidente anche un fastidio verso le chiusure del “tradizionalismo”. Con la giravolta della misericordia la chiesa prevalente attuale ha accettato e innalzato il liberismo sessuale ma certamente i nuovi frufruismi stanno per finire.

Italia e Spagna sono giunte al liberismo sessuale dopo i paesi nordici e la Francia. Sia in Spagna, dove il franchismo crollò nel 1974, sia da noi la “liberazione” è stata caricata di una profonda stanchezza del “clericofascismo”. Ricordo ancora durante la campagna per il referendum sul divorzio un dirigente di un gruppo di estrema sinistra che diceva “alla classe operaia il divorzio non interessa ma dobbiamo fare il culo alla DC”. Ci si illuse che bastasse cancellare le vecchie regole per raggiungere la felicità e si bollava come nemico oscurantista chiunque difendesse o volesse addirittura imporre i vincoli del “comune senso del pudore” cioè delle soglie comportamentali tradizionali rispetto alla nudità del corpo. Per ripicca contro i vecchi dogmi portammo in parlamento Ilona Staller e qualche terrorista.

A Milano nel ’68 tra i giovani contestatori dell’università però il liberismo sessuale non era prevalente seppure potente come animatore delle relazioni giovanili. Rimaneva la dominanza dell’impegno politico “a fianco della classe operaia”. I due gruppi principali, Avanguardia Operaia e Movimento Studentesco di Via Festa del perdono erano assolutamente pervasi dal mito dell’unione con gli operai delle grandi fabbriche milanesi allora tutte in fermento sotto la guida sindacale e la spinta originale di nuovi gruppi spontanei “di base”.

C’era anche qualche sostenitore isolatissimo della “rivoluzione sessuale” che invitava a leggere il testo omonimo di Wilhem Reich il quale datava “la degenerazione autoritaria, dell’URSS” a partire dall’introduzione, dopo un inizio libertario, di misure contro omosessualità e aborto.

Ma dopo 10 anni di militanze proletarie con splafonamenti nel terrorismo, dopo l’uccisione di Moro nel ‘78 ogni carica rivoluzionaria proletaria si estinse. Anche la rivoluzione culturale in Cina si arrestò e fu dato il via, dopo l’arresto nel ‘76 della banda dei 4 di Shangai compresa la moglie di Mao, alla nuova linea del socialismo di mercato.

E così in occidente rimase solo l’onda della rivoluzione sessuale che ormai ha ricoperto tutta la nostra società. Ma sotto l’onda assolutamente prevalente ancora in artisti, intellettuali, media, politici di punta, ricconi vari, milioni di relazioni concrete della vita quotidiana hanno continuato ad esistere con i loro problemi sempre più pesanti. Il lavoro, la casa, i figli, le malattie, la vecchiaia, la salute mentale, la morte, hanno continuato ad operare, come prima, come sempre, solo che idealmente ci hanno trovato e ci trovano ormai disarmati.

Nella vita delle famiglie e delle coppie inoltre anche le vecchie emozioni e vincoli, come la fedeltà, la continenza, la gelosia, hanno continuato ad operare ma in contrasto con la moda liberista e spontaneista e quindi in profonda confusione e frustrazione.

Una cosa a me appare certa, che l’occidente si trova in un vicolo cieco rispetto alle relazioni base di coppia e familiari così come l’oriente islamico non riesce a conciliare la cultura tradizionale con la comparsa della donna lavoratrice moderna.

Tutto questo però non si riferisce solo alle relazioni personali dei singoli ma entra in profonda relazione con le vicende organizzative dello stato moderno il quale tende ad entrare ogni giorno di più nella vita anche emotiva delle persone. Tra i due litiganti, oriente islamico ed occidente, guardo alla Cina come ad una finestra particolarissima dove la filosofia al potere è un misto del rivoluzionarismo ottocentesco occidentale (Marx) e dell’antica filosofia confuciana. Molto interessante al proposito la lettura del libro di XI JIN PING “Governare la Cina”.

Superata comunque l’illusione del liberismo super guaritore di tutti i mali individuali e collettivi eccoci ancora a dover…. fare il bilancio concreto delle vicende concrete, stavolta senza i dogmi antichi ma anche senza i nuovi dogmi moderni.

Photo by Adam Kontor

Redazione

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