Categorie: Cronaca

Migranti e Procura Trapani, intercettato anche giornalista Avvenire: Occuparsi di Libia è toccare fili scoperti

 ‘Sono deluso, speravo che nella inchiesta non ci fosse lo strascico sui giornalisti ascoltati’ Palermo, 3 apr. (Adnkronos) – “Occuparsi della Libia, e di cosa succede sulla rotta Italia-Libia, è come toccare i fili scoperti… Io sono veramente deluso. Speravo che nell’inchiesta della Procura di Trapani non ci fosse questo strascico sui giornalisti, una vicenda che è rappresentativa di una stagione politica”. A parlare con l’Adnkronos è Nello Scavo, giornalista dell’Avvenire, tra i cronisti intercettati nell’ambito della inchiesta della Procura di Trapani sulle ong. Il procuratore Maurizio Agnello ha spiegato all’Adnkronos che le conversazioni del giornalista di inchiesta del quotidiano, come degli altri cronisti sentiti nelle telefonate registrate, “non sono inserite nella informativa”.

“Queste notizie creano un danno – dice ancora Nello Scavo, che da anni si occupa della Libia – perché dopo questo tipo di rivelazioni di questi giorni mi è capitato che alcune fonti mi hanno espresso preoccupazioni. Quindi, in futuro chi ha delle informazioni avrà timore a fornirle”. E’ il primo luglio del 2017 quando il giornalista dell’Avvenire Nello Scavo chiama al telefono don Mussie Zerai, un sacerdote eritreo candidato al Nobel per la Pace nel 2015 e fondatore dell’agenzia di informazione Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo che da sempre si occupa di migranti. Il prete non sa ancora, quel giorno, di essere indagato dalla Procura di Trapani nell’ambito di indagini su attività di salvataggio dei migranti in cui sarebbero coinvolte delle ong. Ci sono anche queste conversazioni nei brogliacci della Polizia giudiziaria di Trapani nell’ambito dell’indagine a carico di diverse persone, tra cui lo stesso don Mussie e che hanno sollevato numerose polemiche sulle intercettazioni ai giornalisti. 

 “Io non ho tutte le carte, gli allegati sono 30mila pagine mi hanno riferito. Ho poco altro. Quella che ho letto è una telefonata che ho fatto con don Mussie, tra l’altro dal telefono fisso della redazione dell’Avvenire. Peraltro vorrei ricordare che la Procura di Trapani ha chiesto l’archiviazione per il sacerdote”. “Ero davvero sorpreso perché quando ci sono cose particolarmente sensibili certo non uso la linea telefonica ordinaria ma altre opzioni – continua Scavo – Ma poi stavamo parlando sia di quella inchiesta di Trapani e anche di stragi avvenute in Libia, perché io stavo lavorando su un doppio filone, sui campi di prigionia libici dopo la caduta di Gheddafi. Con lui ho parlato di queste cose, che poi sono state sintetizzate”. “Poi, siccome don Mussie vive tra Roma e la Svizzera c’era il problema di come farmi avere il materiale e io gli chiesi di mandarmele via wetrensfer per accelerare i tempi. Grosso modo era questa la conversazione, poi ce ne sono state altre, fino a poco tempo fa”.

“Non mi ha sorpreso questa vicenda – dice Scavo – non ha sorpreso nessuno di noi giornalisti che ci siano state delle intercettazioni indirette e che siano state trascritte e ritenute utili, con il bollino vicino ‘molto importante'”. “Ricordiamoci che a maggio di quell’anno, quando tutti eravamo ascoltati – prosegue Nello Scavo – arriva la delegazione libica di Bijia in Italia e uno dei personaggi di cui si interessa la procura di Trapani è propri Bija, il trafficante di uomini arrestato in Libia anche per contrabbando. E’ anche capo milizia e comandante della guardia costiera libica. Tutto questo accade esattamente in quei mesi, quando noi venivamo ascoltati e Bijia veniva qui in Italia”. Ma che idea si è fatto Nello Scavo? “Beh, nell’inchiesta di Trapani subentra lo Sco, il Servizio centrale operativo. E sappiamo che lo Sco si muove quando c’è la necessità di un intervento di questo tipo. Secondo me il profilo di Nancy Porsia era funzionale a individuare una serie di meccanismi, visto che lei aveva dei contatti in Libia, ed era anche un modo per capire come si muoveva in una serie di contesti”.

Gli inquirenti “sapevano che Nancy aveva buoni contatti – dice – cercavano quindi di sapere cosa sapeva e quali informazioni andavano protette, informazioni sensibili per il governo italiano dell’epoca”. Magari qualche collega “è entrato in possesso di informazioni sensibili”. 

Redazione

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