Categorie: Cronaca

Carceri, caso Santa Maria Capua a Vetere: sospeso provveditore campano

 “Dare un segnale forte”, “un segnale minimo per riprendersi l’istituto”: e’ accusato di falso e depistaggio, il provveditore regionale delle carceri della Campania Antonio Fullone, al quale oggi e’ stata notificata una misura cautelare di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nell’ambito dell’indagine sulle presunte violenze che si sarebbero verificate nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), il 6 aprile 2020. La circostanza emerge dall’analisi delle chat acquisite dai cellulari degli indagati. Proprio da questi messaggi emergerebbe la volonta’ del provveditore di dare una connotazione particolare alle perquisizioni. Per gli inquirenti, infatti, il reale scopo delle perquisizioni, che vennero disposte dopo una protesta, era dimostrativo e preventivo. Una sorta di segnale per la Polizia Penitenziaria che nei giorni precedenti aveva chiesto una risposta ai disordini avvenuti nel reparto Nilo. 

Una “orribile mattanza”. E’ stato definito così nell’ordinanza del gip, secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, durante la conferenza stampa di questa mattina, quanto accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) dopo la rivolta dei detenuti dell’aprile 2020. Dalla ricostruzione degli inquirenti, la perquisizione disposta nelle celle avrebbe fatto emergere l’uso di violenza non frutto di estemporanea escandescenza, ma di un’azione pianificata. I detenuti sarebbero stati tirati fuori dalle celle; si sarebbe formato un corridoio umano, nel quale i prigionieri sarebbero stati costretti a camminare, subendo, come sottolineato dalla procura, percosse: calci, pugni, schiaffi alla nuca e violenti colpi di manganello. Sarebbero state poi sovrapposte pratiche umilianti, come l’inginocchiamento e la rasatura di barba e capelli. Il tutto per 4 ore. Dalle immagini di videosorveglianza emergerebbe in modo chiaro, secondo gli inquirenti, l’atteggiamento remissivo dei detenuti, che durante le presunte violenze camminavano a testa bassa, senza opporre resistenza. 

 “Li abbattiamo come vitelli”; “domate il bestiame” prima dell’inizio della perquisizione e, dopo, quando la perquisizione era stata completata, “quattro ore di inferno per loro”, “non si e’ salvato nessuno”, “il sistema Poggioreale”, forse in riferimento a una metodologia di contenimento: e’ quanto hanno letto gli inquirenti della Procura di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e i carabinieri nelle chat presenti sui cellulari di agenti coinvolti nell’indagine sulle presunte violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), il 6 aprile 2020.

Infine, due medici avrebbero attestato la falsa origine di presunte lesioni riportate da alcuni agenti del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) dopo la rivolta dell’aprile del 2020. Per questo motivo sono indagati a piede libero due sanitari dell’Asl Caserta, nell’ambito dell’indagine sulle presunte violenze ai danni di detenuti. Contestata, come emerso dalla conferenza stampa tenuta dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di S.M. Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, e dal procuratore aggiunto Alessandro Milita, anche la sommaria verifica dell’eventuale contagio da Covid in alcuni prigionieri. Dalla ricostruzione degli inquirenti, circa 13 agenti avrebbero falsificato referti per dimostrare di essere stati picchiati dai detenuti (fatti per i quali non ne rispondono i due medici dell’Asl). 

Photo by Hédi Benyounes 

Redazione

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