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Batterio killer Ospedale Verona. Zaia: prendere provvedimenti. Protesta madre di bimba morta: perché attesi 2 anni per chiudere?

Sconcerto, clamore e voglia di giustizia nella vicenda che ha visto morire quattro bambini e infettarsi 90 persone in una delle eccellenze della sanità veneta. “Non possiamo ripagare in alcuna maniera le vite umane, ma stiamo osservando con molta attenzione quanto accaduto e ho voluto che si diffondesse la relazione appena conclusa. Ho, inoltre, chiesto al direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Francesco Cobello, di valutare ogni provvedimento e decisione necessaria”. Lo ha spiegato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia nel corso di un punto stampa sul Coronavirus, parlando dell’inchiesta sul Citrobacter all’ospedale di Verona. La relazione di cui ha parlato Zaia è stata notificata all’Azienda ospedaliera “chiedendo di assumere provvedimenti”, ha spiegato Zaia che ha precisato come la Regione non possa licenziare personale eventualmente inadempiente.

“Si tratta di un batterio terribile – ha spiegato ancora Zaia – si parla di morti e persone che hanno visto la propria vita pregiudicata. Penso che la relazione della Commissione ispettiva istituita ci impegni in alcune riflessioni: da un lato ci sono le famiglie con il loro diritto alla giustizia, dall’altro gli operatori. Per questo ho chiesto che la relazione sia inviata alla Procura della Repubblica, all’Azienda ospedaliera e messa a disposizione delle famiglie che hanno incrociato questa tragedia”. 

Non si è fatta attendere la presa di posizione del direttore generale della Sanità del Veneto Domenico Mantoan espressa in una lettera inviata ieri dopo la conclusione della relazione della Commissione ispettiva regionale sull’epidemia da Citrobacter all’Ospedale della Donna e del bambino di Verona che ha portato alla morte di quattro bambini e all’infezione di altri 90.

La missiva ricorda tra l’altro al commissario Commissario dell’Azienda ospedaliera di Verona Francesco Cobello,la sua facoltà di “assumere iniziative cautelari, quali la sospensione del rapporto contrattuale”.”Si formula pressante invito ad effettuare tutte le verifiche necessarie ad individuare eventuali responsabilità dei collaboratori e ad assumere tutti i provvedimenti urgenti consentiti dall’ordinamento, anche in via cautelare”.

“Tutto questo ci ha angosciato e ci ha portato a vivere dei momenti molto brutti, certo non come chi ha subito questa vicenda delle infezioni in maniera ben differente e dolorosa”, ha detto Massimo Franchi, direttore del Dipartimento Materno-Infantile dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Parlando con i giornalisti del primo parto avvenuto al punto nascite veronese (il piu’ grande del Veneto) dopo due mesi e mezzo di chiusura, il professor Franchi ha spiegato che “quando si sono verificati i primi eventi abbiamo studiato la situazione e quella dell’acqua poteva essere una delle cause possibili. Questo germe si trasmette per acqua, per aria, attraverso le persone e con gli oggetti. L’acqua è stata immediatamente presa in considerazione”. “Le epidemie o i cluster sono cosi'”, ha aggiunto.

Intanto continua ad oltranza davanti all’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona la protesta iniziata ieri di Francesca Frezza, la mamma di una delle bimbe morte a causa del citrobacter lo scorso anno. Era stata la prima a denunciare i casi d’infezione nel più importante punto nascite del Veneto, dove avvengono più di 3000 parti all’anno, e che è stato riaperto ieri dopo due mesi e mezzo di chiusura per debellare il batterio-killer. “Mi chiedo perché si sono attesi due anni per chiudere – ha ribadito Frezza -, si sarebbero evitate morti e oggi mia figlia sarebbe qui con me”.

(red)

Photo by Aditya Romansa 

Redazione

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