di Stefania Piazzo – C’è un filo d’Arianna, per chi lo vuole vedere s’intende, tra la situazione delle imprese creditrici verso lo Stato e le Regioni, particolarmente quelle del Nord. E’ la questione dei soldi. Soldi sotto varie forme e dimensioni. Capitoli chiusi, ovviamente, per Roma. Ma aperti per chi invece fa impresa e genera risorse o eroga servizi, come nel caso delle Regioni, appunto. Ieri il presidente di Confindustria agli Stati generali di Conte non l’ha mandata a dire al governo. Restituite alle imprese le tasse non dovute. E si riferiva in particolare a una sentenza della Cassazione in conseguenza della quale risulta che 3,4 miliardi di accise energia sono stati “pagati impropriamente” dalle imprese. Poi però potremmo aggiungere i crediti che le imprese vantano quando lavorano per lo Stato, per le pubbliche amministrazioni.
La Cgia di Mestre ha calcolato siano 53 miliardi di euro.
Un cifra di poco inferiore al residuo fiscale della sola Lombardia. Il blocco del Nord, le regioni che vanno da est a ovest, ne fanno insieme almeno 110.
Non solo accise, dunque. Insomma, possibile che né Zaia né Fontana né Cirio né Toti né Fugatti né Fedriga abbiano pensato di voler dare man forte al cremasco Bonomi per dire: caro Conte, ci siamo anche noi? O la questione autonomia tornerà a farsi sentire, in Veneto ad esempio, per costruire alleanze elettorali e ridare in pasto agli elettori la speranza di una terra fiscalmente meno posseduta del solito?
Photo by Markus Spiske
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