di Benedetta Baiocchi – Il Palazzo ha davvero ascoltato la gente, questa volta o il voto dell’aula del Senato è soprattutto un voto politico contro l’allora compagno di governo e ora avversario, Matteo Salvini? L’aula del Senato ha autorizzato l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’ex ministro dell’Interno nell’ambito della vicenda Open Arms. L’assemblea di palazzo Madama ha respinto con 141 voti favorevoli e 149 contrari e un astenuto la relazione del presidente della Giunta per le Autorizzazioni Maurizio Gasparri che dava lo stop ai magistrati.
La Giunta per le autorizzazioni a procedere aveva deliberato il 26 maggio scorso di negare l’autorizzazione a procedere, ed era sulla relazione della Giunta che i senatori sono stati chiamati a votare. Quindi i favorevoli all’autorizzazione a procedere hanno votato “no” alla relazione della Giunta, mentre i contrari all’autorizzazione hanno al contrario votato si’.
Era scontato il voto del Pd, di Renzi, che allora era all’opposizione, di Leu, di Autonomie. Ma a fare la differenza è stata la giravolta dei 5 Stelle, che allora non avevano battuto ciglio. Se davvero il governo, Conte in testa, avessero voluto sconfessare l’azione del Viminale, potevano allora chiederne le dimissioni, rinnegarne l’azione. Farlo un anno dopo, vuol dire mandare a processo Salvini. Un cammino da martire, perché in politica non sempre il benservito nel palazzo corrisponde alla fine politica nelle piazze.
D’altra parte, anche ammesso che Salvini finisca condannato, e quindi escluso in futuro dalle competizioni politiche, la sua Lega forte della martirizzazione del suo leader, dal 24 potrebbe risalire e riprendersi le posizioni perdute.
Paradossalmente per fare il funerale ad un avversario, occorre lasciarlo in vita e fare sì che continui a parlare e seminare errori.
Evidentemente alla sinistra la lezione della storia non è bastata.
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