Categorie: Politica

Autonomia. La proposta de la Nuova Padania. Un tavolo tra i cittadini di Monte di Procida e i veneti per superare il nulla dei partiti da 30 anni

di Stefania Piazzo – Seguo sui social alcuni gruppi legati alle bellezze d’Italia, tra questi i Campi Flegrei. Ne sono rimasta affascinata quando li visitai e apprezzo quindi tutto quanto viene diffuso per marcare l’identità di quel territorio irripetibile. Nei giorni scorsi, il 27 gennaio, sono stati celebrati i 116 anni dalla conquistata autonomia del Comune di Monte di Procida.

Ed ecco il post che “Visit Campi Flegrei” propone per una riflessione. “Sapevate che Monte di Procida, il più piccolo tra comuni flegrei, fino al 1907 dipendesse dal comune di Procida? A supportare la necessità e la voglia di essere indipendenti dall’isola, fu un ex tenente dell’esercito borbonico: Ludovico Quandel: nato a Napoli nel 1839, era un tenente dell’esercito borbonico e combatté fino all’ultimo contro i Savoia nell’assedio di Gaeta. Da sconfitto venne prima imprigionato a Capri e poi a Santa Maria. Una volta ottenuta la libertà, gli fu proposto di entrare nell’esercito fedele ai Savoia. Quandel, però, preferì ritirarsi a vita privata a Monte di Procida, che era allora ancora dipendente dall’isola procidana”.

Ma non solo. “L’ex militare borbonico assunse la carica di vice-sindaco di Procida e da tale carica combatté la battaglia per la “scissione” del borgo. Il comune nacque amministrativamente il 27 gennaio 1907, quando un referendum sancì la separazione della parte di terraferma e del vicino isolotto di San Martino dal resto del comune, formando così l’attuale comune di Monte di Procida. La ratifica venne sancita da Re Vittorio Emanuele III poco dopo. Nel corso degli anni, pur rimanendo attivo nella vita politica e sociale montese, Ludovico Quandel si rifiutò di assumere la carica di sindaco del piccolo comune per non giurare mai fedeltà al Re Savoia, rivendicando la sua sempiterna fedeltà ai Borbone.

Quandel morì all’età 90 anni (1929) e, oggi, la sala consiliare del comune flegreo è intitolata proprio a colui che può definirsi il padre della comunità montese”.

E non potrebbe essere diversamente. La storia non si cancella, ma una qualche riflessione storica, appunto, andrebbe fatta. Perché il sentimento di una identità e di una appartenenza non svaniscono per regio decreto o per legge del parlamento italiano. Queste sono le autonomie e queste sono le Italie che rifiutano l’uniformità forzata e le scelte del centralismo. Al Nord è quasi impossibile trovare Comuni che rivendichino però la stessa voglia di rimarcare l’identità. Anzi. In Veneto a Santa Lucia di Piave, un neo sindaco come primo atto rimosse il gonfalone della Serenissima, bandiera veneta.

Allo stadio un questore vietò la bandiera del Leone durante le partite, ammesso solo il tricolore e quella della squadra. Anni fa a Bassano del Grappa un uomo venne denunciato per aver esposto la bandiera del Leone durante la gara da guinnes per il più lungo tricolore.

E’ il 2015 quando si legge un articolo sulla scomparsa del Leone di Montagnana, scampato alla furia napoleonica, spostato come molti altri dai piemontesi dalla piazza principale della città per fare posto ad una statua di Vittorio Emanuele II e poi, dopo mille vicissitudini, scomparso non si sa dove.

Venne segnalato ad un blog di cultura veneta questa letteta:

Il sig. Giuseppe Battaglia, da voi interpellato, dichiara di ricordare il cortile della Casa di riposo dove era posizionato il Leone (…)“.

Rimosso dalla furia napoleonica e da qualche indisponente funzionario italico, per il quale tutto ciò che è identitario è una minaccia per il Paese, come la pensavano i prefetti napoleonici. Ma il Leone è un simbolo che non si può rimuovere. Come la targa di Monte di Procida e l’intitolazione della sala del Consiglio a Ludovico Quandel. Se il progetto, politico, di autonomia, ripartisse proprio da lì, nella voglia di far da sè dei diversi popoli che fanno il Paese, sarebbe un gran passo avanti. Forse troverebbero maggiore intesa i veneti e i monteprocidani rispetto ai partiti che si insultano senza portare a casa un risultato, da 30 anni a questa parte, sul fronte delle autonomie.

Ripartiamo dal Comune libero dei Campi Flegrei.

Stefania Piazzo

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