Un milione di posti di lavoro a rischio, circa 350.000 solo in Lombardia. È quello che potrebbe concretamente accadere alle lavoratrici e ai lavoratori degli appalti di pulizia, della ristorazione collettiva e della vigilanza se il Ddl Appalti, già approvato in Senato, dovesse passare anche alla Camera. A denunciarlo Filcams Cgil, Fisascat, Uiltucs, Uiltrasporti regionale, che chiedono di ripristinare la clausola e organizzano un presidio ‘diffuso’ di circa due ore in programma lunedì 11 aprile a partire dalle 10 davanti a tutte le prefetture delle province lombarde (a Monza si riuniranno dalle 15 alle 17), esclusa Sondrio. Il problema è nel testo del disegno di legge, che come fanno sapere le sigle “elimina l’obbligo di inserire nei bandi di gara degli appalti ad alta intensità di manodopera una clausola sociale, che ha il fine di promuovere la stabilità e continuità occupazionale del personale impiegato”. Questa rimozione sarebbe dunque “un grave arretramento e, se confermata, avrà ricadute pesantissime per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che operano negli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera”. Lavoratrici e lavoratori considerati ‘deboli’, ossia “occupati in comparti spesso essenziali: ospedali, strutture socio-sanitarie, scuole, ministeri, uffici pubblici e di conseguenza anche per la collettività”. Nella pratica significherebbe che “ad ogni cambio appalto questi lavoratori, per la maggioranza donne con contratti part time involontari e di poche ore settimanali, non avranno più neanche la garanzia di mantenere il loro posto di lavoro e il loro reddito”, ma rischiano concretamente “di essere lasciate a casa”. Una situazione da sanare, anche perché come sostengono i sindacati “non è ammissibile” che con la “giustificazione” della semplificazione, si depotenzino regole e si liberalizzi il “comparto appalti” a danno delle lavoratrici e dei lavoratori.
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