“Il Superbonus , insieme al bonus facciate e, in misura minore, gli incentivi alle imprese Transizione 4.0 hanno inciso marcatamente sui conti pubblici degli ultimi anni lasciando anche una pesante eredità sul futuro”. A dirlo non è, come spesso succede, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ma l’Ufficio parlamentare di Bilancio che ribadisce, se ce ne fosse ancora bisogno, effetti finanziari “a oggi superiori a quelli attesi nelle tempi ufficiali per l’intero periodo di validità delle misure”, e che al 1 marzo, guardando al conto 2020-2023 per il solo Superbonus ammontano a 170 miliardi. Un dato che, avverte l’Upb, “inciderà, a livello di debito, soprattutto sul triennio 2024-26: a un impatto in media annua pari allo 0,5 per cento del PIL nel triennio 2021-23, seguirà un onere più elevato pari a circa l’1,8 per cento in quello successivo”.
Ecco perché, quantomeno, “occorre trarre insegnamento per il disegno di future agevolazioni”, ammonisce l’Upb, evidenziando che “l’aliquota dell’agevolazione dovrebbe essere fissata a un livello tale da incentivare un comportamento ritenuto meritevole senza porre a totale carico dello Stato l’onere della spesa: la compartecipazione alla spesa aiuta infatti a limitare i comportamenti opportunistici”. Nella determinazione del livello dell’aliquota si dovrebbe poi tenere conto del recupero del costo iniziale dell’investimento, assicurato nel tempo dal risparmio energetico prodotto dall’efficientamento.
Inoltre, secondo l’Upb “l’agevolazione dovrebbe essere selettiva con riguardo sia alle attività incentivate sia ai beneficiari. Nel caso del Superbonus sarebbe stato possibile infatti condizionare meglio il riconoscimento delle agevolazioni agli interventi che garantiscono il maggiore risparmio energetico a parità di risorse dipendenti , andando così in direzione dei nuovi obiettivi europei in materia green. Quanto ai beneficiari, la possibilità di usufruire del 110%” è stata riconosciuta alla generalità dei contribuenti anziché limitarla a coloro che avrebbero avuto problemi di capienza fiscale e vincoli di liquidità per anticipare le spese”. Inoltre, dice ancora l’organismo di controllo, bisogna sottoporre le agevolazioni ad autorizzazioni preventive, “laddove invece l’automatismo del riconoscimento del Superbonuse di altri bonus edilizi ha reso e continuerà a rendere alto il rischio che la misura produce effetti superiori alle attese”. L
‘altro lato della medaglia è che comunque il bonus ha stimolato la crescita, soprattutto nel periodo delle restrizioni Covid: tanto è vero che il Fmi nel suo Regional Economic Outlook prevede che il Pil italiano aumenterà dello 0,7% per quest’anno e per il 2025, e diminuirà al +0,2% nel 2026 quando il Superbonus terminerà e si fermeranno i fondi provenienti dal Pnrr .” Non è detto che nel 2026 la crescita diminuisce come previsto dalle attuali politiche”, ha sottolineato Helge Berger, vicedirettore del Dipartimento europeo del Fondo Monetario Internazionale, aggiungendo che “l’Italia potrebbe assicurarsi che le riforme strutturali interne siano in regola. C’è molto lavoro da fare in termini di riforme delle infrastrutture e dell’istruzione. Questi sforzi faranno la differenza se saranno portati avanti con maggiore slancio”.
Ma il focus sugli effetti è anche internazionale.
Il rallentamento che il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha previsto per l’Italia nel 2026, con una crescita del Pil stimata allo 0,2 per cento, e’ legato al meno venir del superbonus e all’incertezza sui fondi del Pnrr. Lo ha detto Helge Berger, vicedirettore del dipartimento europeo del Fmi, durante una conferenza stampa organizzata a Washington dopo la presentazione del rapporto sull’Europa. “L’Italia ha un debito molto elevato, ed e’ importante iniziare il prima possibile un percorso di aggiustamento fiscale”, ha detto, sottolineando la necessita’ di intervenire per ridurre “sgravi fiscali non efficienti” come il superbonus . “Non sono efficienti per rimettere il Paese sulla strada della produttivita’”, ha spiegato.
Il rallentamento che il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha previsto per l’Italia nel 2026, con una crescita del Pil stimata allo 0,2 per cento, e’ legato al meno venir del superbonus e all’incertezza sui fondi del Pnrr. Lo ha detto Helge Berger, vicedirettore del dipartimento europeo del Fmi, durante una conferenza stampa organizzata a Washington dopo la presentazione del rapporto sull’Europa. “L’Italia ha un debito molto elevato, ed e’ importante iniziare il prima possibile un percorso di aggiustamento fiscale”, ha detto, sottolineando la necessita’ di intervenire per ridurre “sgravi fiscali non efficienti” come il superbonus . “Non sono efficienti per rimettere il Paese sulla strada della produttivita’”, ha spiegato.
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