di Stefania Piazzo – Questo Paese è smemorato. Sembra solo imbesuito dietro ai luoghi comuni e ai like per dare la misura del peso e dell’intelligenza politica dei leader di partito. Ma essere leader non vuole necessariamente essere statisti. Quando non c’erano i social il consenso arrivava da altro. Vero o no?
La vicenda Fedez, al di là dei contenuti e dei contenitori mediatici in cui è esplosa, ci mostra il nervo scoperto di un “sistema”. Un sistema che sistema tutti. Amici e nemici. Il metodo con cui si filtrano le notizie, con cui si generano le opinioni, le si orientano. Al di là delle aberranti citazioni fatte dal noto rapper e che, se confermate, ci fotografano il livello di una classe politica che porta una bandiera che era stata issata per fare il federalismo, abbassare le tasse, liberare il Nord dallo statalismo ottuso, e non dare giudizi morali, etici, politici, sugli orientamenti sessuali, occorre chiedersi a questo punto quali siano i programmi di questo tipo di destra. Un Paese liberale? Un Paese dei diritti? Un Paese della libertà di opinione? Perché, a quanto mi è dato ricordare, qualcuno un tempo proponeva di abolire il canone Rai, di non pagarlo, costituendo uffici, comitati per assistere chi chiedeva il suggellamento del televisore. Ma, prima ancora, si voleva anche privatizzare la Rai. Renderla competitiva, svuotarla dalla lottizzazione.
Oggi invece i tempi sono cambiati. I partiti sono Zelig che cambiano canale a seconda del momento. Se è insopportabile e odiosa la spocchia del salotti radical di sinistra, che hanno ragione a prescindere solo perché stanno da quella parte, altrettanto è inaccettabile che il sistema pubblico sia ancora strattonato a destra e a manca e che a farne le spese sia il bene massimo che è l’informazione, la corretta comunicazione. Un giornalismo che non sia settario, tesserato ufficiosamente. Che possa fare inchieste senza essere tacciato di essere di parte.
Il caso Fedez per qualche giorno non ci ha fatto solo parlare di Covid e vaccini. Ma, andando oltre i protagonisti di questa disputa, che è politica, qualcuno che si interroghi sul perché in Italia i referendum si fanno e poi si buttano giù dal cesso c’è ancora seduto in Parlamento? Perché, dato che si tira sempre in ballo la sovranità, e il popolo sovrano, qualcuno provi a rispondere.
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