Categorie: Cultura

Lo storico Fabre e il libro “In Gran Consiglio contro gli ebrei” (Il Mulino). Documenti inediti su Balbo

di Roberto Gremmo – Il nuovo libro dello storico Giorgio Fabre e’ basato su documenti inediti che rivelerebbero il volto antiebraico di un personaggio come Italo Balbo, fino ad oggi gabellato di frequente come ostile o almeno contrario impotente ai famigerati “provvedimenti per la difesa della razza” del regime.

Pubblicato dall’editore “Il Mulino”, lo studio di Fabre “Il Gran Consiglio e gli Ebrei” parte dall’acquisizione dall’”Archivio Centrale dello Stato” di un testo ciclostilato preparato personalmente da Mussolini come base di dibattito per la riunione dei gerarchi del 6 e 7 ottobre 1938 che in un incontro a Palazzo Venezia davano valore giuridico (si fa per dire) alla forsennata campagna antisemita voluta  dal Duce in perfetta continuità con i sentimenti razzisti profondamente nutriti dal dittatore e già evidenziati proprio in altri libri di Favre (“Mussolini razzista”, Garzanti 2005).

   Basandosi sul testo del Capo, i principali uomini del Regime discussero, lo annotarono e stabilirono le norme discriminatorie da imporre; talvolta lasciando tracce scritte dei loro suggerimenti, nessuno in reale contrasto con le linee volute da un Mussolini ormai deciso ad emarginare gli italiani d’origine ebraica mettendoli ai margini della vita civile.

   E tutti i presenti sottoscrissero le regole della vergogna.

   Compresi il silente Salvatore della Patria Grandi che nel 1943 in un altro convulso “Gran Consiglio” apriva la strada alla cacciata di Mussolini e, per quello che scrive lo storico Fabre, il ferrarese Italo Balbo.

Secondo lo studio di Fabre, Balbo contribuì personalmente alla stesura definitiva del testo del provvedimento.

Che dire di quando si legge che Balbo “non perdono’ al duce le leggi razziali”? A parer mio, non hanno tutti i torti gli americani che non amano vedere ancora nel parco di Chicago la colonna offerta da Mussolini per celebrare le sue imprese.

Unico personaggio di spicco del Regime escluso dall’incontro d’ottobre del 1938 fu Giovanni Gentile e non per caso, perché, come ricorda Fabre, Mussolini “non si condivideva le (sue) più recenti idee e definizioni sulla razza”. 

Moderato e “personaggio per molti versi anomalo” il celebre filosofo non manco’ di mettersi di traverso durante la Repubblica Sociale finché, come documenta Luciano Mecacci in un libro coraggioso, fini’ freddato da un killer spietato, spinto da oscuri mandanti.

   Aperta la strada dal Gran Consiglio, le misure antiebraiche vennero varate col beneplacito di Vittorio Emanuele che le firmo’ senza batter ciglio ma non furono un incidente passeggero ed anomalo e, sottolinea Fabre, “nel dopoguerra il razzismo fascista non fu davvero eliminato; anzi, ci fu una sostanziale continuità nelle posizioni amministrative che gestirono proprio la politica antiebraica e razzista della Demorazza, i cui funzionari, dopo il 1945, rimasero ad alti livelli al Ministero dell’Interno o addirittura ascesero dalla magistratura ai vertici dello Stato”.

  Nel 1938 il Gran Consiglio ha tracciato il solco, ma il burocratismo inamovibile lo ha difeso. Col Duce e dopo.

Stefania Piazzo

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