Categorie: Cultura

L’enciclica di papa Francesco e i migranti: “Amare e curare la propria terra”, ma lo Stato italiano non ci sente

di Sergio Bianchini – L’impianto filosofico dellenciclica -Fratelli tutti- è solido e non ha paragoni nei documenti che generalmente circolano sui problemi politici ed etici del mondo. Esaminando ogni questione evidenzia sempre in, modo semplice chiaro e profondo gli opposti del caso e le sfaccettature che la caratterizzano. Si lascia agli uomini di buona volontà la ricerca della via specifica per la gestione amorevole (caritatevole) del problema. Questo è il grande pregio ma anche il perimetro, il limite dell’alto livello analitico.

Prendiamo la questione degli immigrati. Ho segnalato l’eccesso a mio parere della formulazione del “pieno diritto” di girare il mondo senza frontiere. Ma nell’impostazione generale del rapporto tra singoli territori e mondo la – Fratelli tutti- non delude affatto, non è reticente o parziale bensì appagante.

Cito:

142. Va ricordato che «tra la globalizzazione e la localizzazione si produce una tensione. Bisogna prestare attenzione alla dimensione globale per non cadere in una meschinità quotidiana. Al tempo stesso, non è opportuno perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra. Le due cose unite impediscono di cadere in uno di questi due estremi: l’uno, che i cittadini vivano in un universalismo astratto e globalizzante, […]; l’altro, che diventino un museo folkloristico di eremiti localisti, condannati a ripetere sempre le stesse cose, incapaci di lasciarsi interpellare da ciò che è diverso e di apprezzare la bellezza che Dio diffonde fuori dai loro confini».

143. La soluzione non è un’apertura che rinuncia al proprio tesoro. Come non c’è dialogo con l’altro senza identità personale, così non c’è apertura tra popoli se non a partire dall’amore alla terra, al popolo, ai propri tratti culturali. Non mi incontro con l’altro se non possiedo un substrato nel quale sto saldo e radicato, perché su quella base posso accogliere il dono dell’altro e offrirgli qualcosa di autentico. È possibile accogliere chi è diverso e riconoscere il suo apporto originale solo se sono saldamente attaccato al mio popolo e alla sua cultura. Ciascuno ama e cura con speciale responsabilità la propria terra e si preoccupa per il proprio Paese, così come ciascuno deve amare e curare la propria casa perché non crolli, dato che non lo faranno i vicini. Anche il bene del mondo richiede che ognuno protegga e ami la propria terra. Viceversa, le conseguenze del disastro di un Paese si ripercuoteranno su tutto il pianeta.

Come ben si vede la questione è perfettamente impostata in linea generale. Contano decisamente ed egualmente il mondo intero e il territorio locale.

Il locale cosa è? E’la nazione. Dove dovrebbe esserci quindi un buon governo nazionale ben intenzionato e capace di camminare con le due gambe.

Il governo polacco e la chiesa polacca ad esempio hanno un posizionamento molto diverso da quello italiano rispetto alla mobilità internazionale praticata (o meglio predicata) da vari governi europei.

Perché in Italia non si riesce a trovare una linea coerente di governo, accettabile dai più, ben definita nella quantità e nei tempi circa l’immigrazione desiderata e quella indesiderata, quella utile e sostenibile e quella dannosa ?

Quante volte ho chiesto a persone “accoglienti” QUANTI fuggiaschi l’Italia potrebbe accogliere OGNI ANNO senza pregiudicare il proprio equilibrio. E mai ho avuto una risposta da coloro che dicono di voler seguire la morale cattolica. Il papa stesso talvolta, uscendo dalle dichiarazioni generali sull’accoglienza doverosa, ha sommessamente detto che i governi devono fare responsabilmente questo calcolo. Ma nessuno lo ha mai fatto.

E’ vero che nessuna questione in Italia viene affrontata con equilibrio nella quantità e nel tempo reale e che i governi sono sempre appesi con un filo sopra l’instabilità cronica.

E allora scendiamo “dal mondo intero” e veniamo allo stile italiano, al nostro modo di porci davanti ai problemi del governo nazionale e delle sue relazioni internazionali. Uno stile sempre più caotico ed incapace proprio di coniugare l’etica e le dottrine sociali alla realtà evolutiva del paese.

Ormai da 30 anni almeno viviamo fuori da ogni consapevolezza, dilaniati da un interminabile e sterile scontro destra sinistra ed incapaci di fare programmi e piani di lavoro. In primo luogo programmi per l’eliminazione del debito con la conseguente fortissima liberazione di risorse da investire nel risanamento del paese e nella creazione di un clima sociale più sereno.

Ma sembra tutto bloccato.

Ultima considerazione: in Italia vi è una profonda, potente e unica interazione tra il sentire diffuso e i preti della chiesa cattolica che ogni giorno nelle migliaia di parrocchie influenzano milioni di persone. Un legame poco compreso e poco analizzato. Per questo forse proprio dall’interno del mondo cattolico e della CEI dobbiamo sperare in una svolta organizzativa che incida positivamente sul funzionamento e sulla vita della nazione e dello stato.

Redazione

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