di Carlo Andreoli – Continuano incessanti gli sbarchi di immigrati clandestini nella bella terra di Sicilia. Per una volta ogni tanto, al di la del particolarismo e del connotato politico, le istituzioni del territorio sono unite nel far cessare questa tremenda invasione.
Dal Presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci, passando per i sindaci di Lampedusa e Messina la voce è unanime: fermare al più presto questo fenomeno incontrollato.
I soggetti in questione minacciano di occupare i moli e chiudere i centri di accoglienza: in primis per limitare il perpetrarsi del virus, visto che molti di questi clandestini scappano dagli hotspot risultando essere positivi al COVID19; in secondo luogo perché le strutture adibite allo smistamento sono sovraccariche, infatti molti centri di prima accoglienza adibiti ad ospitare una novantina di persone si ritrovano ad ospitarne più di novecento.
Mi sia permessa una ridondante sottolineatura e riflessione. Capisco che in Italia la legge non venga mai rispettata ma essere clandestino, nello Stato italiano, è indice di reato. Ciò non viene ribadito dal sottoscritto, ma da ben più autorevoli esperti della Corte di Cassazione.
Lo Stato se non è in grado di arginare con soluzioni parziali (es.rimpatrio) una forma di reato, che ormai da più di un decennio si manifesta quotidianamente, deve ricorrere ad una azione decisa. Quest’ultima è il blocco navale. Ne porti chiusi o altre formule magiche ma solamente il blocco navale davanti alle coste del Nord Africa, potendo così far cessare, una volta per tutte questa ignobile tratta di nuovi schiavi e questo atto di sradicamento con il bene placito di un governo fantoccio.
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