Categorie: Opinioni

Pontida il 6 ottobre. Salvini vuole celebrare Lepanto, la vittoria contro gli ottomani. Ma Salvini sa che a vincere fu il modello Serenissima? Gli eredi di Lepanto oggi sono tutti ai centri commerciali

di Stefania Piazzo – Una volta, tanto tempo fa, Pontida evocava la rivolta dei Comuni contro l’imperatore. Ma anche l’identità cristiana, essendo che l’abbazia è niente meno che quella di San Giacomo, il “matamoros”, l’ammazzamori. Quest’anno, si fa sapere, la tradizionale manifestazione della Lega a Pontida si terrà domenica 6 ottobre 2024. E il 7 ottobre, è l’anniversario della vittoria della Lega Santa a Lepanto. Lo fa sapere il partito di Matteo Salvini. Bene.

Come la vedi?, chiedo ad un caro amico. E l’amico mi risponde: ma non vedi che sta venendo giù l’Occidente? Gli eredi di Lepanto dove sono? Sono tutti a fare la spesa e a girare nei centri commerciali. Il governo ci illude che fermando tre barconi abbiamo risolto il problema, mentre su tutti gli altri fronti non stanno combinando niente. La Fornero non la toccano. Le tasse sono sempre le stesse,  il Nord ha smesso di lottare, la classe politica è semianalfabeta, prosegue l’amico, l’opposizione è morta, in maggioranza ci sono quelli che ci sono, alla fine il cittadino lotta per se stesso, per la sua sopravvivenza.

Analisi sferzante e realistica.  Verrà giù l’Occidente prima che l’Europa possa risvegliarsi dal sonnambulismo?

In un bellissimo articolo storico pubblicato sul settimanale che dirigevo nell’allora 2004, “Il Federalismo”, l’amico Romano Bracalini scriveva questa ricostruzione degli eventi che seguirono Lepanto. Magari nella Lega di oggi la rileggessero. Perché ci spiega che fu il modello della Serenissima a vincere. Oggi qual è il modello in testa alla Salvini Premier? Esattamente quella dei nemici della Serenissima. Lo Stato nazione, l’impero, un governo centrale e le periferie dell’impero. Per tenerle “buone” non basterà un ponte sullo Stretto.

di Romano Bracalini – Quando la potenza ottomana cominciò a minacciarla su mare, nonostante alcune clamorose vittorie, come quella di Lepanto nel 1571, Venezia non riuscì a impedire una lenta ma inesorabile erosione dei suoi possessi nell’Egeo e nell’Adriatico.

La perdita di Cipro e della Morea la privavano delle basi strategiche che le avevano permesso fino a quel momento di resistere all’invasione musulmana. Per neutralizzare la continua minaccia da ovest, dopo una lunga guerra col Ducato di Milano, Venezia decise di stabilire i confini della sua estensione nella terraferma veneta. Nel 1405 l’esercito veneziano occupò Verona che fece libero atto di dedizione alla Serenissima, seguita dalle altre città venete. Così il sistema compatto e omogeneo di territorio che andava fino al confine lombardo costituì il Dominio veneziano “da terra”. Venne concessa una sorta di Costituzione politico-istituzionale, di tipo federativo, tra la Serenissima e i territori, le città venete e le molte comunità di valle che erano presenti nel vasto dominio. Città e comuni ebbero una larga autonomia, Venezia inviava i legati a rappresentare la Serenissima e i cittadini potevano mandare i loro ambasciatori a illustrare al doge le loro necessità.

Gli ordinamenti d’epoca comunale vennero restaurati, dopo gli arbitri e le limitazioni delle antiche signorie, le antiche libertà vennero assicurate dalla repubblica che anzi le rafforzò e le legittimò con proprie leggi rinegoziando, all’occorrenza, i contenuti giuridici delle autonomie, le esenzioni fiscali e le forme di unione con la Serenissima. Il leone di San Marco che decora la bandiera della Serenissima domina ancora le antiche fortezze, gli edifici, le torri dalla Dalmazia a Bergamo e Brescia. Nella furia iconoclasta che scoppia ad ogni cambio di regime italiano, i simboli calmi della grandezza veneziana restano dove sono stati messi senza iattanza o prepotenza. Venezia era questo e lo è ancora.

Venezia era caduta per l’esaurirsi di una missione storica. Non fu vinta o conquistata. I suoi nemici vi entrarono da ladri come in una casa lasciata incustodita. Cadde nelle mani di Napoleone che, con calcolo di sensale, la cedette all’Austria; col plebiscito farsa del ’66, dopo una guerra ingloriosa, venne annessa all’Italia. Ma il ricordo della Serenissima non andò perduto.

(da “Il Federalismo”, anno 2004, direttore responsabile Stefania Piazzo)

Stefania Piazzo

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