VENETO- Cade il mito della sanità impeccabile? Medico diffidato da Usl a parlare delle misure anti Covid sul territorio. Ha sbagliato?

20 Aprile 2020
Lettura 4 min

di Cassandra – L’altro giorno Il Corriere del Veneto titolava così: Case di riposo, indagano le procure di mezzo Veneto. Blitz dei Nas a Merlara.

Beh, a dirla tutta, non sembra una passeggiata. Sembra un bollettino di guerra. “Subito dopo aver ricevuto da parte del procuratore capo Carmelo Ruberto la delega a indagare in seguito all’ apertura di un fascicolo esplorativo, i Nas si sono recati nella struttura di Merlara ad acquisire le cartelle cliniche dei ventotto anziani deceduti, e le procedure alle quali si sono attenuti gli operatori per contenere il contagio”.

E uno.

E due. “Già da dieci giorni i Nas sono all’opera in tutta la provincia per reperire informazioni sulla gestione delle Rsa e hanno acquisto documentazioni in due case di riposo a Verona, due a Ficarolo (Ro), blitz anche alla Configliachi di Padova, dove nel frattempo è già stata aperta un’ inchiesta per due decessi. Intanto anche a Verona la procura ha avviato le indagini. Dopo l’ esposto presentato giovedì mattina dal Codacons sulla «strage nelle residenze per anziani scaligere», nelle ultime ore ne sono stati depositati altri due”.

E tre. “Anche la procura di Venezia ha deciso di vederci chiaro e sta vagliando l’ isolamento dei pazienti positivi, la richiesta di effettuare i tamponi, la dotazione di mascherine e guanti al personale, la creazione di percorsi dedicati per le consegne”.

E quattro. “Il procuratore capo di Venezia, Bruno Cherchi, ha incaricato i Nas di Treviso di analizzare le cartelle cliniche dei trentatré ospiti deceduti e dei 400 positivi, gli ordini di servizio, le disposizioni interne e tutta la documentazione e le testimonianze utili «al fine di acquisire dati relativi alle linee guida seguite ed ai decessi avvenuti nelle predette strutture».

E mentre la magistratura acquisisce gli atti, mentre la sanità veneta ostenta sicurezza ed efficienza, arrivano anche le diffide se non si passa prima dagli uffici stampa. Anzi no, se non si tace. Diritto di parola solo alle istituzioni.

E’ accaduto ad un medico veneto che è stato diffidato dal parlare con i media. La verità la raccontato solo le Usl. Certo.

E si legge nella diffida…. che “senza entrare nel merito delle dichiarazioni (…) si ricorda che la titolarità della comunicazione verso l’esterno con i media sugli argomenti istituzionali è in capo alla direzione generale dell’azienda – si legge – (…). Ogni dichiarazione deve essere rilasciata previa condivisione con la direzione generale”. Cioè non esce nulla sulla stampa, se non quanto pensa e ritiene sia utile far sapere la direzione generale.

Infatti, si legge, “i dirigenti (…) rappresentano in prima persona l’azienda e ne sono responsabili dell’immagine”. Dell’immagine? In pandemia si pensa alla sostanza, ai fatti, a ciò che accade sul territorio o all’immagine che ne deriva? Verità o immagine o entrambe?

Se è vero che il regolamento aziendale (art. 14) prevede un dovere di correttezza e lealtà, perché preoccupa che un medico, in assenza di tamponi, possa dire che per accertare le morti, servirebbero indagini cliniche dirimenti?

Sta di fatto che sui decessi, ben sapendo che le autopsie sono rischiose ed evitabili, le procure per capirne di più stanno acquisendo tutte le carte. E fanno bene, serve chiarezza. Più che immagine.

Già bastano le direzioni sanitarie che non facevano indossare, a quanto pare, le mascherine, in una nota area lombarda, per non spaventare gli ospiti e i parenti. Che immagine ne sarebbe derivata della struttura?

Ma qui siamo in Veneto. E tutto funziona. Però non basta la diffida. Si valuteranno “gli aspetti di rilevanza disciplinare”. Ma certo. E siamo certi che il medico la prossima volta prima di parlare ci penserà due volte. E anche tre. Magari interpellato dalla stampa sulle dotazioni di DPi messi a disposizione dalle Usl, prima di parlare, chiamerà l’ufficio stampa per chiedere cosa rispondere. Sempre che ci sia qualcosa da dire.

Certo, ci interroghiamo anche noi sull’operato del medico diffidato e sul quale pende un provvedimento disciplinare. Ha sbagliato? Ha ragione? Ha torto?

Si può entrare nel merito, data la gravità della situazione o viene prima la stretta osservanza dei processi burocratici che regolano i rapporti tra gli uffici e chi sta al fronte in guerra a contatto con i malati, i pazienti, i morti? E’ una domanda.

Le norme, non rischiano di essere un freno alla ricerca della verità? Un paravento per non spaventare l’opinione pubblica? E’ una domanda.

E’ vero o non è vero che il medico diffidato dal parlare sarebbe costretto alla vestizione – come riporta nella sua memoria difensiva – “nell’auto aziendale nei parcheggi di obitori e case di riposo”?. Non ci possiamo credere. E’ una bufala. Così pure non sarà vero che vi accederebbe “con dpi non idonei e non conformi già dal mese di gennaio 2020”. Impossibile, non ci crediamo. Così come non crediamo che il medico abbia “subito una quarantena a febbraio e poi forniti i dpi solo su richiesta scritta, successivamente il 2 aprile in numero irrilevante (7 camici monouso, 5 mascherine con preghiera di lavaggio e riutilizzo per 30 giorni consecutivi, una visiera, 5 gambali monouso”. E’ un fake!

Neppure gli crediamo quando poi afferma che “il materiale infetto e infettante poi lo devo tenere fino al giorno successivo nell’auto aziendale”. Inverosimile. Perbacco!

Bene ha fatto la Usl a diffidarlo! E a proporre un’azione disciplinare. Stia zitto! Servono esempi concreti di rispetto dell’azienda, dei vertici, dell’immagine e degli sforzi che sta compiendo in piena guerra contro il Covid.

Ma questo medico dissidente, è tenuto a una sorveglianza sanitaria obbligatoria? Gli ambienti che frequenta senz’altro saranno oggetto di continue sanificazioni. E i distretti sanitari che frequenta saranno indubitabilmente tutti in sicurezza. Ovvio.

Insomma, l’Uls recita il regolamento aziendale, poi il decreto legislativo del 30 marzo 2001 n.165, “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, infine il dpr 24 aprile 2013 n.62, “Regolamento recante codice comportamento dipendenti pubblici”.

Il medico cita una fonte un pelo superiore, l’articolo 21 della Costituzione, sul diritto di pensiero, di parola e di opinione. Ovvio che prima vengono i regolamenti, giusto?

D’altra parte che teme l’Usl? Dove le cose non funzionano girano i Nas. E poi basta fare un esposto alla magistratura se si ritiene che qualcosa funzioni male. Non si parla con la stampa. Mai. Se non autorizzati dal controllore. Un medico così è solo un pericolo…

Photo by iMattSmart 

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