Il Piano pandemico della Lombardia c’era dal 2010. “Sanità in corto circuito dopo riforma giunta Maroni”?

7 Aprile 2020
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Pubblichiamo integralmente i documenti e il relativo commento apparsi sulla pagina facebook “I repubblicani” sul tema dell’emergenza sanitaria.

In sostanza, dieci anni fa l’allora giunta Formigoni, con Luciano Bresciani assessore alla sanità, definirono le competenze dell’ente in caso di pandemia. Da lì in avanti occorreva attrezzarsi al meglio per rendere più forte il sistema e prepararsi ad eventuali urti di epidemie, per non mandare in stress la rete sanitaria. Ma poi, si legge ancora, l’allora struttura sanitaria subì delle trasformazioni con la riforma dell’allora giunta Maroni. Competenze, diciamo così, che vennero disarticolate, scelta che secondo quanto si legge, ha creato i presupposti per una diversa risposta alla pandemia. Asl che diventano Agenzie con ruoli più burocratici, e ospedali che assorbono funzioni che prima erano del territorio. Una tempesta perfetta?

E’ uno spunto di riflessione, che apre e invita i protagonisti di quegli anni a intervenire, replicare, approfondire (la direzione).

Un documento approvato dalla Giunta della Regione Lombardia nel 2010 segnalava quali erano le carenze e le azioni da intraprendere in caso di Pandemia. Purtroppo non è stato applicato.


Il documento è la “Valutazione Piano Pandemico Regionale e attività realizzate durante le fasi 3-4-5-6 della Pandemia da Virus Influenzale A/California/7/2009 H1N1”, datato 22 dicembre 2010, a firma Luciano Bresciani (Assessore) e Carlo Lucchina (direttore della sanità).


Ne dà notizia Andrea Sparaciari su MSN (www.msn.com/it) che scrive: “Il disastro coronavirus in Lombardia era già scritto in un audit del 2010, mai applicato. Anzi: una delle colonne su cui si basava (Asl) è stata smantellata. Si tratta di una sorta di audit che analizzava i successi e gli insuccessi dell’allora Piano Pandemico Regionale esistente rispetto alla pandemia di H1N1, datato 2009. Così il documento riporta e confronta “le azioni previste, quelle realmente attuate nel corso dell’influenza, le motivazioni dello scostamento.


E di “scostamenti” se ne erano registrati parecchi. Per esempio.. i rapporti con le Residenze sanitarie assistenziali, le tristemente note Rsa, le case di riposo dove oggi si stanno registrando decine di decessi, dopo che accanto a pazienti già gravemente segnati da patologie pregresse sono stati affiancati pazienti Covid positivi, con l’effetto di aver fatto esplodere il contagio tra gli anziani e il personale.


Già nel 2011 il piano prevedeva di “Definire accordo-quadro gestori RSA per aumento assistenza medica ed infermieristica finalizzata al contenimento dei ricoveri”.


Ma il documento è prezioso anche per dirimere una delle polemiche più infuocate che nell’ultimo mese e mezzo ha accesso il dibattito nella regione più colpita dal Corona virus: a chi spettasse l’onere di provvedere ai dispositivi di sicurezza individuali, ovvero mascherine, camici, guanti ecc…

Al riguardo il documento è molto chiaro, stabilendo chi dovesse fare cosa. Nella sezione “Misure Generali” si legge infatti che a “Regione Lombardia” spettava di:
“Definire in base ai differenti livelli di allarme ed in coerenza con le indicazioni nazionali l’adozione di misure generali come:
utilizzo mascherine in ambito sanitario;
Limitazione raduni o accesso a strutture sanitarie e socio-sanitarie da parte di visitatori;
Interruzione della frequenza scolastica.

Le Asl, invece, avevano il compito di definire:
Il fabbisogno dei presidi di protezione, le modalità di approvvigionamento, stoccaggio, distribuzione, le dotazioni di un quantitativo adeguato di scorta….

Ma, a parte i singoli punti, a colpire è che il Piano pandemico regionale si basava su due soggetti: i vertici regionali con un ruolo direttivo e le Asl come braccio operativo.


Ma, con la riforma della sanità varata da Regione Lombardia (a guida Roberto Maroni) nel 2015, le Asl sono sparite, divenendo Ats (Agenzie di tutela della salute), si sono cioè trasformate da braccio attivo della politica sanitaria ad agenzie di mero controllo burocratico e amministrativo (da qui il temine “agenzia”) sull’attività degli ospedali. Il loro ruolo è stato trasferito ai nosocomi (divenuti contemporaneamente ASST, Aziende socio sanitarie territoriali), senza che però fossero passati loro tutti quei compiti operativi originariamente in capo alle Asl.


È così che si è determinato quel cortocircuito che ha causato l’impreparazione dimostrata dalla regione più ricca d’Italia nel combattere la pandemia di Corona Virus e che è costata tante vite tra sanitari e pazienti”.

Photo by Markus Spiske

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Direttrice: Stefania Piazzo
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