I dati che inchiodano il ritardo lombardo. Dal TG Regionale: “Più tamponi meno letalità. Lombardia: meno test, un morto ogni 5 positivi. Veneto: più test, un morto ogni 20”

3 Aprile 2020
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di Stefania Piazzo – La matematica non diventa opinione a seconda dell’opportunità. E sarà difficile smontare l’evidenza scientifica dei numeri diffusi nel Tg regionale della Lombardia delle 12 del 3 aprile. Il servizio sul Covid 19 inizia ricordando che “La Liguria annuncia che farà tamponi in auto”, mentre “in Lombardia continua la polemica tra sindaci e Regione per la mancanza di controlli per circoscrivere l’epidemia”. E sin qui è cronaca. Ma diventa qualcosa di più quando la conduttrice Maria Paola Anelli, forte dei numeri che stanno per essete messi a confronto, annuncia che, a fronte delle polemiche… “Eppure i dati dimostrano che laddove vengono fatti più tamponi, inferiore è l’indice di mortalità”.

Eppure sì. D’altra parte la notizia c’è tutta e non ha bisogno di commenti. Anche quando il servizio ricorda in apertura senza indugi la raccomandazione dell’Oms sui tamponi da fare subito ai sintomatici. Regioni, anche in questo caso, in ordine sparso. Nel senso che i tamponi non sono stati fatti a tutti, ma solo a “qualcuno”.

Ecco le tabelle diffuse dal Tg3 lombardo.

Anche per i meno portati per la matematica e senza scomodare i virologi, basta leggere la prima riga lombardia e la terza: dove, come in Veneto, i tamponi sono da settimane all’ordine del giorno, la percentuale di positivi è scesa, ed è rimasta contenuta all’8,4 per cento. Ma, come spiega bene il servizio, è solo nell’ultimo periodo che la Lombardia ha accelerato sui tamponi. Risultato: 35,9% di positivi.

Il dato diventa più sorprendente, purtroppo, nel rapporto tra decessi e positività. Quella presa in tempo, in altre parole, vede il Veneto fermarsi al 5,26%, quella lombarda schizza al 17,28%. Numeri che scavano un abisso: un morto ogni cinque positivi in Lombardia. Uno ogni venti in Veneto.

Eppure, ricorda in apertura il servizio, l’Organizzazione mondiale della santità aveva tanto raccomandato di fare tamponi ai primi sintomi. Quanti di quelli che ne hanno registrati e comunicati all’ats lombarda di appartenenza, operatori sanitari compresi, sono stati sottoposti a tampone?

E’ stato già detto tutto, e il primo servizio di Alvise Losi illustra i dati.

Fate i test su ogni caso sospetto di Covid 19. A metà marzo l’Oms aveva dato un’indicazione chiara che in Italia più di una settimana prima già era diventata linea guida in una circolare del ministero della Salute. Fare il tampone a chiunque avesse insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti sintomi: febbre, tosse e difficoltà respiratoria. E questo a prescindere dalla necessità di ricovero in ospedale. Lo scopo: allargare la platea dei soggetti sottoposti a tampone, per individuare ogni possibile caso positivo. Un obiettivo che non tutte le regioni hanno seguito da subito. La Lombardia ha aumentato il numero di tamponi solo negli ultimi giorni. Mentre il Veneto al contrario sin dai primi giorni ha eseguito molti più test in rapporto ai malati.

Anche Lazio e Sicilia hanno rispettato le indicazioni del ministero, mentre l’Emilia Romagna si è assestata in una posizione intermedia.

Più tamponi significa maggiore probabilità di individuare tutti i casi positivi, ed è così che si spiega anche il diverso tasso di letalità nelle regioni.

In Lombardia il Covid 19 uccide quasi un positivo su cinque mentre in Veneto il dato scende a uno su venti. Ed è in questa in questa differenza che si percepisce la quantità di casi sommersi che potrebbe esserci nelle diverse regioni”.

Poi il TG3 passa alle dichiarazioni del dr. Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia, con il servizio a cura della giornalista Valeria Papitto. Maga dichiara che è “assolutamente essenziale in questa indagine epidemiologica, quando ci si trova soprattutto difronte ad una nuova infezione, capire quanto è diffusa. E l’unico modo per farlo è individuare le persone che hanno contratto il virus possibilmente nel più breve tempo possibile. Quindi, ad esempio, anche prima che sviluppino i sintomi.

Per questo è molto utile, laddove è possibile – prosegue -, fare o test, i famosi tamponi. Che poi in realtà sono dei test molecolari, che possono rivelare l’infezione anche solo dopo pochi giorni dall’acquisizione del virus, quindi prima che la persona sviluppi i sintomi, consentendo pertanto di isolarla e di avere un’idea precisa di quanto è diffusa l’infezione stessa”. Chiarissimo.

E la giornalista pone correttamente la domanda chiave: Lei suggerisce dei test a tappeto?

Risposta del dottor Maga: “Da un punto di vista dello studio epidemiologico, ma anche del contenimento dell’infezione, questo sarebbe molto importante. E’ chiaro che tutto va valutato rispetto alle reali capacità di eseguire questi test che, al momento, richiedono delle attrezzature e delle competenze molto specifiche. In una situazione emergenziale con molti casi sintomatici che devono essere ricoverati, è chiaro che il sistema è già particolarmente sovraccarico, ma se verranno messi a punto test più rapidi come si sta cercando di fare o con l’attenuazione della pressione sul sistema sanitario, è certamente una misura che dovremo certamente prendere in considerazione”.

Riepilogando: in Lombardia si fanno meno test e si è partiti più tardi. Si muore di più. In Veneto, la mortalità è di un decesso ogni venti positivi.

Sarà colpa dell’aria? Dell’inquinamento? Del cibo? Della genetica? Degli ospedali? I dati sono questi. Giochi dei bussolotti non ne sono previsti.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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