Dopo lo shock causato dalla pandemia, il turismo veneto soffre ora dell’instabilità politica dovuta alla crisi Ucraina-Russia. La guerra nell’est Europa ha infatti bloccato quasi del tutto il turismo internazionale, che rappresenta una fetta maggioritaria degli arrivi e delle presenze in Veneto, soprattutto nelle città d’arte. In questi primi mesi dell’anno, anche se mancano ancora dati certi, l’Osservatorio Economico di Confesercenti Veneto stima per le città d’arte un calo di presenze (rispetto al pre covid) del 39%. “Le mete balneari, lacustri o di montagna – spiega Francesco Mattiazzo, Presidente Assoturismo Veneto – anche negli ultimi anni hanno retto grazie all’alta presenza di italiani e veneti, che in molti hanno colto l’occasione per riscoprire le bellezze del territorio. Soffrono invece le città d’arte, dove il turismo maggioritario è quello che arriva dall’estero: a Venezia gli stranieri erano l’87%, a Verona il 58%, a Padova il 48%. E già dalla primavera queste città iniziavano a popolarsi con grandi gruppi organizzati provenienti da Germania, Cina e Stati Uniti. Assistiamo invece ad un periodo di stallo che permane ormai dal 2020. A frenare i viaggiatori, prima, era la pandemia: ora che l’emergenza sanitaria sembra finalmente più sotto controllo è esplosa una guerra che ha paralizzato tutta la mobilità internazionale, non solo i flussi provenienti dalla Russia e dall’est Europa”.
Sul freno ai consumi pesano anche l’inflazione e i rincari delle ultime settimane, che hanno fatto crescere i costi della benzina, delle bollette e in generale dei beni di primo consumo. E per Pasqua? “Ci sono segnali positivi per le vacanze pasquali, un appuntamento che è sempre fondamentale per il turismo regionale. Venezia la fa da padrona, dove le prenotazioni si aggirano già al 70% a fine marzo, mentre nelle altre mete venete c’è ancora sofferenza, eccezione fatta per il litorale”.