Il paziente 1 è bambino di 4 anni contagiato a novembre a Milano

9 Dicembre 2020
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“Oggi possiamo considerare il bambino di 4 anni come il “paziente 1″ di Milano, ma non abbiamo motivo di escludere che si tratti di una seconda o terza generazione di trasmissione dell’infezione”. Lo ha specificato all’AGI Mario Raviglione, professore ordinario di Salute globale presso l’Universita’ di Milano e autore della scoperta di un caso di coronavirus gia’ a fine novembre 2019.

“Sappiamo che il virus che causa il Covid-19 può essere identificato anche tramite un tampone orofaringeo – continua l’esperto, tra i firmatari dello studio pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases (rivista ufficiale dei ben noti CDC americani) – in questo caso sappiamo che il paziente pediatrico era stato visitato in pronto soccorso il 21 novembre per febbre, mal di gola, nausea, insomma tutta la sintomatologia che oggi associamo al nuovo coronavirus, ma che all’epoca era stata interpretata come una forma virale non allarmante. Qualche giorno dopo, il 5 dicembre 2019, dopo la comparsa di un rash cutaneo il 1 dicembre, è stato effettuato un tampone per verificare la presenza del morbillo, malattia che era stata allora esclusa.

Tuttavia, il Laboratorio Subnazionale accreditato dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’ (OMS) per la Sorveglianza di Morbillo e Rosolia (MoRoNET) coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, ha conservato e congelato il campione, come da prassi, per future valutazioni. A settembre 2020 l’idea è stata quella di riprendere i tamponi relativi ai casi sospetti di morbillo che non hanno evidenziato la presenza della malattia esantematica”. Il team diretto dalle professoresse Amendola e Tanzi ha infatti recuperato i 39 tamponi con esito negativo per il morbillo che erano stati congelati un anno fa e ha riscontrato la presenza di RNA virale di SARS-CoV-2 nel solo prelievo del bambino.

“I sintomi del bambino erano stati interpretati come una forma virale evidentemente senza una diagnosi precisa, ma, sulla base delle informazioni cliniche attualmente disponibili, possiamo considerare che si trattasse di COVID-19 e che il SARS-CoV-2 sia giunto in Italia precedentemente”. “Il 21 novembre il bimbo già accusava i sintomi, per cui presumibilmente il bimbo è stato infettato da tre a cinque giorni prima, ma non sappiamo dove e come questo sia avvenuto”, dice il ricercatore. “Quello che possiamo dedurre – conclude Raviglione – è che molto probabilmente a metà novembre a Milano c’era già qualcuno in grado di trasmettere l’infezione di Covid-19”.

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