Una decisiva presa di posizione da parte dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid) rasserena gli animi. In un articolo pubblicato su JAMA Pediatrics viene infatti messa in evidenza come nei bambini la suscettibilita’ all’infezione da SARS-CoV-2 sia dimezzata rispetto agli adulti e come essi non ricoprano un ruolo di rilievo nella circolazione del nuovo coronavirus.
In altre parole, c’è un basso rischio di diffusione da bambino a bambino e rara la trasmissione da bambino ad adulto.
“Se a contatto con il nuovo coronavirus, l’80 per cento dei bambini non manifesta alcun sintomo e la bassa carica virale presente in questi casi non incide significativamente sull’andamento della pandemia”, dichiara Susanna Esposito, presidente WAidid e professore ordinario di Pediatria all’Universita’ di Parma. “Nelle prime settimane di emergenza da SARS-CoV-2 si presumeva che i bambini potessero essere, come precedentemente dimostrato per l’influenza, tra le principali cause di diffusione della malattia. Gli studi, pero’, ci hanno permesso di dimostrare – continua – che non e’ affatto cosi’ e la riapertura degli istituti scolastici non costituisce un pericolo per la salute globale. Ma vanno adottate alcune precise precauzioni: da zero a sei anni misurazione della temperatura in caso di sintomi acuti e, in presenza di febbre associata a sintomi respiratori o gastrointestinali, velocita’ e tre T: testare, tracciare e trattare. Il raffreddore da solo non puo’ essere motivo sufficiente per allontanare un bambino dalla comunita’ scolastica. Durante il lockdown, la chiusura della scuola in Italia ha comportato disagi nel 75 per cento dei bambini e adolescenti, facendo emergere il ruolo primario dell’istruzione in presenza nel loro sviluppo psichico e sociale”.
A fotografare l’impatto psicofisico che la chiusura della scuola ha avuto sui bambini e ragazzi e’ un’indagine tutta italiana condotta su un campione di 2.064 studenti tra gli 11 e 19 anni. Angoscia e tristezza sono stati causati da un sentimento di solitudine avvertito dal 42,5 per cento degli intervistati di sesso femminile e dal 32,5 per cento di sesso maschile, per un totale del 75 per cento dei casi. Altro fattore che ha tinto di grigio le giornate di bambini e adolescenti e’ stata la mancanza di senso di comunita’, tipicamente generato dalla scuola, emersa nel 42,5 per cento dei casi (26,5 per cento femmine; 16 per cento maschi) e lo stop delle attivita’ sportive svolte a scuola nel 20 per cento dei casi (6,7 per cento femmine; 13,4 per cento maschi). L’abbassamento del tono dell’umore non pare, invece, essere legato al virus: solo il 4 per cento, infatti, ha dichiarato di sentirsi triste per paura della malattia. Inoltre, il 48,7 per cento delle femmine ha riferito di piangere durante il giorno (13,4 per cento nei maschi). Non solo tristezza: ansia e agitazione hanno colpito quasi il 40 per cento degli intervistati (24.6 per cento femmine; 14,6 per cento maschi) a causa della separazione dai propri compagni, mentre oltre il 27 per cento ha sviluppato sintomi di ansia per timore di non riuscire a stare dietro allo studio. La chiusura delle scuole ha, inoltre, provocato disturbi del sonno: a dormire meno il 43 per cento delle femmine, mentre la percentuale di maschi che ha fatto le ore piccole si attesta al 24 per cento. Il senso di affaticamento era piu’ significativamente frequente nelle femmine (49 per cento) rispetto ai maschi (35,3 per cento) e nel gruppo di 14-19 anni. Disturbi emotivi di rilievo, dunque, quelli causati dalla chiusura della scuola a bambini e adolescenti, ancor di piu’ se di sesso femminile. Da ultimo, il 51,5 per cento delle femmine e il 44,7 per cento dei maschi desidererebbe parlare di Covid-19 con un medico, informazione importante anche per i programmi formativi scolastici su tematiche relative alla salute.
Secondo l’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive gli istituti scolastici possono e devono rimanere aperti in virtu’ dello scarso ruolo del bambino nella trasmissione della malattia, sebbene con il mantenimento di tutte le misure igieniche e di distanza fisica per la prevenzione delle infezioni respiratorie e un monitoraggio epidemiologico continuo della circolazione di SARS-CoV-2. Quanto all’uso delle mascherine, l’Organizzazione Mondiale della Sanita’ ha fornito alcune precise indicazioni: da zero a 5 anni non deve essere indossata e la motivazione e’ da ricercarsi nel ruolo minore del bambino piccolo nella diffusione della malattia e nella sua scarsa capacita’ di utilizzare in modo appropriato una mascherina; da 6 a 11 si valuta a seconda della situazione epidemiologica scolastica o cittadina e, quindi, se e’ presente una trasmissione diffusa di SARS-CoV-2 nell’area in cui risiede il bambino. Ai bambini di eta’ pari o superiore a 12 anni e’ richiesto di indossare la mascherina come agli adulti, in particolare quando non possono garantire una distanza di almeno 1 metro dagli altri. In ogni caso, e’ importante assicurarsi che la mascherina sia della misura giusta per coprire naso e bocca, non toccarne la parte anteriore e non tirarla sotto il mento o nella bocca. Una volta sfilata dal volto, la mascherina deve essere riposta in una borsa o in un contenitore e non deve essere condivisa con altri o gettata per terra. E’ importante che insegnanti e genitori educhino il bambino che utilizza la mascherina e ne correggano comportamenti errati ogni qualvolta sia necessario. “Queste indicazioni sono valide per tutti i bambini e gli adolescenti, sia per quelli che godono di buona salute sia per coloro che hanno malattie croniche”, dice Esposito. “Anzi, la scuola deve promuovere l’inclusivita’ garantendo che anche chi e’ affetto da malattie croniche come fibrosi cistica, tumori, immunodeficienze o diabete di tipo 1 la possa frequentare in sicurezza. Inoltre, per permettere a bambini e adolescenti con malattia cronica di “vivere” la malattia in modo attento ai propri bisogni e al proprio itinerario di salute, e’ fondamentale che riprenda anche la scuola in ospedale, una presenza fondamentale nel segno della normalita’”, conclude.