Venti di crisi – Ferrari Nasi: In Veneto si sentono più vicini alla Lega che a Salvini leader

11 Agosto 2020
Lettura 4 min

di Stefania Piazzo – Chi vota oggi la Lega di Salvini? Facciamo un piccolo passo indietro. Un recentissimo studio realizzato da Analisi politica, società di ricerca del sociologo Arnaldo Ferrari Nasi, e pubblicato su Libero, ha rilevato che due elettori su tre voterebbero la Lega solo perché c’è Salvini. Il fatto che alla domanda: …. ma lei si sente più vicino alla Lega come partito o a Salvini come leader, il 29% abbia risposto “alla Lega” e il 67% a “Salvini”, non fa altro che confermare la trazione personale del partito. Così come la Lega Nord era Bossi, oggi la Salvini Premier è solo Salvini. Un partito personale che lega le sue fortune o sfortune alle mosse del leader, passato dal 34 al 25 per cento in meno di un anno lasciando il governo, preferendo la poltrona del Papeete a quella del Viminale.

Ma la Lega di Bossi era il Nord, i voti a Salvini oggi non rispecchiano più questa disposizione geografica. E in quel 24% due su tre votano le gesta del Capitano, non a caso.

Ma è un consenso uniforme da Nord a Sud quello verso Salvini? Abbiamo voluto approfondire con Arnaldo Ferrari Nasi gli umori del territorio che è sotto i riflettori della politica nazionale più di qualsiasi altro. Il Veneto. Il Veneto dato plebiscitario verso Luca Zaia. E Ferrari Nasi, in esclusiva per la Nuova Padania, ha elaborato questi dati. Vediamoli insieme.

Professor Ferrari Nasi, la stupisce questo risultato, cioè questa presa di posizione fortemente identitaria del Veneto, così marcatamente diversa rispetto persino alla Lombardia?

“Non mi stupisce. Anzitutto perché il Nord-Est ed il Nord-Ovest sono decretati macroaree diverse, a livello di tutte le principali discipline politiche, economiche e sociali, tanto quanto il Centro ed il Sud. La stessa Nielsen, forse la più importante azienda al mondo per l’analisi dei dati di mercato, divide l’Italia in quattro zone, con il Nord separato in due come già indicato. E poi non bisogna dimenticarsi di un fatto importante, spesso, a parer mio, erroneamente interpretato, quello della “identità padana”. Nel Nord vi è una netto cleavage etnico, non tanto per una storicamente recente differenzazione dei destini (Austria-Ungheria, piuttosto che Francia o Spagna). Nel Nord-Ovest il substrato è Ligure, ovvero autoctono, eventualmente Insubre e poi a diverso livello celtizzato. Nel Nord-Est erano i antichi Veneti (Venetici, per distinguerli dagli attuali), di diretta provenienza indoeuropea, della stessa grande famiglia dei proto-Latini, di cui appunto sono parenti”.

Vuol dire che ci sono due Nord e quindi due diversi modi di sentire e fare politica nel dna?

“Insomma, queste sono cose che contano, non a caso la cultura Villanoviana si sviluppò ai piedi dell’Appennino Tosco-Emiliano; non a caso i successivi Etruschi popolarono principalmente le attuali Emilia-Romagna, Umbria, Toscana – le (ex) Regioni Rosse – peculiarità di una cultura che permane mentre attraversa i secoli. Insomma, gente diversa la pensa in modo diverso: no, non mi stupisce il diverso approccio alla nuova Lega di Salvini che Lombardia e Veneto hanno.”

E’ un dato che dovrebbe far riflettere la dirigenza leghista, soprattutto in termini di equilibri tra i poteri interni, leggi Zaia, oppure da osservatore lei ha l’impressione che Salvini abbia messo in conto il prezzo da pagare e tiri diritto per la sua strada? Davanti a questi numeri, appare evidente che le leghe siano due. Quanto può durare questa bipolarità in politica?

“Fino a che vince… ovvero, fino a quando avremo una la Lega a due cifre, Salvini potrà dirigere il partito e tacitare, se non eliminare, chi gli si oppone. Anche in questo caso, la storia ci aiuta a ragionare. Si veda cosa è successo nel passaggio fra Fascismo-movimento e Fascismo-partito, per molti aspetti due concetti antitetici, uno rivoluzionario e l’altro conservatore. Eppure fino che Mussolini ha ottenuto risultati concreti la gente gli è andata dietro, persino sulle leggi razziali, magari con qualche mugugno, ma niente più. E’ cominciata ad andare male quando è cominciata ad andare male la guerra, o meglio, visto che è andata male da subito, quando la popolazione ha sentito gli effetti concreti del disastro in corso”.

Come si collegano questi dati rispetto al vostro recente studio che ha rilevato come due terzi dei voti a Giorgia Meloni arrivino dal bacino leghista?

“Beh, se si considera che il voto leghista, quello vero, è del 4-5%, come storicamente dimostrato, l’attuale bacino leghista è assolutamente da considerare volatile. Nasce da una contingenza molto particolare e dalla bravura di Salvini di averla compresa e sfruttata. Nel decennio passato abbiamo assistito ad una catastrofe nel mondo del centrodestra, che è forse stata superiore a quella che è derivata da Mani pulite. Innaturale nascita del Pdl e conseguente scioglimento di due partiti storici; poi tensioni nel nuovo partito sin dal primo anno, lite definitiva Fini-Berlusconi, condito da attacco economico europeo. Quindi dimissioni del premier e condanna penale del (divenuto ex) Cavaliere; contemporanea esplosione del mondo An, pluripartizione in Forza Italia, Futuro e Libertà, Fratelli d’Italia, non votanti delusi; con il condimento dell’Affaire Montecarlo e della depressione e sparizione di Gianfranco Fini, indiscusso leader della destra dei 20 anni precedenti. Poi è successo quello che è successo nell’aprile 2012 con lo scandalo dentro la Lega. E così, nel centrodestra, certo per un discreto periodo, non è esistita una rappresentanza credibile”.

E i voti dove confluirono?

“E allora, di due terzi di costoro, metà nei 5 Stelle e metà a non votare. Poi è arrivato Salvini e ha fornito qualcosa a cui appigliarsi. Allora moltissimi di quei voti sono andati a lui, tanto è, come dimostrammo prima delle Politiche del 2018, che i Grillini erano diventati da partito bicomponente destra-sinistra a partito a grande maggioranza di sinistra”.

Poi il consenso si è incanalato diversamente, o no?

£Oggi che Giorgia Meloni è riuscita nel grande intento di ricostruire, quasi per intero, la sincera comunità della destra politica italiana, i voti “imprestati” al M5s, poi passati a Salvini, sono tornati da lei. Ma quel che intendo dire è che erano suoi già dall’inizio, non li ha presi a Salvini. Il centrodestra, però, non è ancora stabilizzato. Mancano sicuramente due componenti, ora non saprei dire di quale peso, ma manca sicuramente un partito che prenda l’eredità di Forza Italia, che in questo momento sottorappresenta i moderati laici di centrodestra e un partito confessionale, o di derivazione tale, non dico la Dc, ma almeno l’Udc”.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
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