Veneto, Lombardia e Piemonte al tavolo col governo sulle 9 materie dell’autonomia

16 Luglio 2024
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Regioni che indicono il referendum contro l’autonomia. Regioni che chiedono al governo di iniziare a trattare sulle competenze non sottoposte ai Lep, ovvero ai livelli essenziali di prestazione che prevedono, per l’autorizzazione sulle rispettive materie, che tutto il Paese sia uniforme. Inutile chiedersi quando lo saranno e chi pagherà per mettere a pari tutti.

Fatto sta che a pochi giorni dall’entrata in vigore della legge 86 sull’autonomia differenziata il governo, soprattutto nella persona del ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, si appresta ad aprire le discussioni con le regioni che hanno fatto richiesta di poter trattare sulle nove materie che hanno già un fabbisogno di costo e che quindi non necessitano dei Lep. Si tratta di Veneto, Lombardia e Piemonte, che hanno reso noto la loro volontà di sedersi al tavolo in modalità diverse: il Veneto con una lettera inviata alla premier Giorgia Meloni e al ministro Caderoli, la Lombardia tramite un contatto diretto tra il governatore Attilio Fontana con Calderoli e il Piemonte con una comunicazione in mancanza di una preintesa precedente.

Da fonti del governo si è subito sottolineata la volontà di “dare massima attenzione e ascolto” alle proposte di tutte le regioni che si faranno avanti da qui ai prossimi mesi, fermo restando che agli incontri saranno presenti anche altri rappresentanti di altri ministeri e soprattutto esponenti degli Enti locali, cioè Comuni e Province. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha già fatto sapere che alle nove materie non Lep (organizzazione della giustizia di pace; ⁠rapporti internazionali e con l’Ue delle Regioni; ⁠commercio con l’estero; professioni; ⁠protezione civile; ⁠previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; ⁠casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale e ⁠enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale) potrebbero affiancarsene altre già previste nella preintesa siglata nel 2018.

Invece oggi il presidente della Regione Lombardia, Fontana, ha voluto ricordare a tutti la primazia del suo territorio sul tema autonomia ricordando che per la sua regione a suo tempo “la trattativa la iniziò il presidente Roberto Maroni in una lettera in cui chiedeva tutte e 23 le materie”.

Ha poi aggiunto che la valutazione di Moody’s, che ha confermato anche per il 2024 un rating della Lombardia maggiore a quello dell’Italia, “affronta anche la questione dell’autonomia e rileva come da questa riforma si possa ottenere efficientamento e miglioramento dal punto di vista dell’erogazione e della gestione dei servizi”. Critiche le ha espresse ancora una volta l’ex governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, a detta del quale nella legge sull’autonomia “c’è tanto che non va, noi” a suo tempo “avevamo chiesto poche materie e qui le chiedono tutte quante, che sono tantissime, compreso scuola e sanità che è proprio un errore gravissimo. Potenzialmente con la legge Calderoli ci potrebbero essere 20 pubbliche istruzioni diverse. Faremmo ridere il mondo perché se c’è una grande infrastruttura pubblica che deve essere unica è quella dell’istruzione, per unire tutto un Paese”.

Critico anche il leader M5s Giuseppe Conte, per il quale “ben 8 regioni non garantiscono i minimi livelli di assistenza sanitaria. Dobbiamo assolutamente rinforzare gli investimenti su sanità e evitare che il progetto dell’autonomia differenziata possa contribuire ad abbassare i livelli dei servizi” che già “in alcune aree del paese non sono garantiti adeguatamente”.

credit foto valentin-betancur-oSqpgc3ttRs-unsplash

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