Trattato Quirinale fa nascere la prima macroregione europea alpina, la mitica Alpazur. Riconosciuto il bilinguismo

29 Novembre 2021
Lettura 3 min

di Luigi Basso – L’inchiostro delle firme dei Rappresentanti della Repubblica Francese e di quella Italiana non si è ancora asciugato sul Trattato del Quirinale, ma un primissimo commento sull’ aspetto storicamente più importante di quanto sta accadendo è doveroso.
Quando due Stati riconoscono de iure un nuovo soggetto, questo fatto si pone sempre come base di inevitabili eventi futuri clamorosi e perfino imprevedibili.
Questo fatto è il più importante aspetto del Trattato, al punto che le altre questioni affrontate diventano secondarie, pur trattando di economia, difesa, immigrazione, etc.


L’art. 10 del Trattato del Quirinale ha una portata storica assoluta e rappresenta la prima vera realizzazione giuridica di una macroregione europea, che viene consacrata addirittura nel più importante Atto Giuridico in assoluto che due Stati possano concepire: un Trattato Internazionale.
La prima macro regione che dunque decolla realmente è quella Alpina, la mitica Alpazur, un’idea
che mosse i suoi primi passi oltre 50 anni fa, un progetto che trova oggi il suo riconoscimento al livello più alto, appunto: un solenne Trattato internazionale.


Alpazur è il Sacro Graal degli autonomisti alpini e del Nord Ovest dell’Italia, la pietra filosofale impossibile da ottenere, il mito da inseguire per tutta una vita, pur sapendo di rischiare sempre di finire a mani vuote, pure traditi dagli amici che hanno sfruttato le istanze autonomiste solo per arricchirsi con cariche pubbliche e umiliare i veri idealisti.
Un sogno, per alcuni, un delirio, per molti, il nulla per la stragrande maggioranza che neppure conosce quella storia, un appuntamento inevitabile con la Storia per pochissimi arditi pensatori, sempre descritti come dei pazzi o degli eccentrici, dei poveretti.


E invece, ecco che Alpazur nasce proprio dove uno meno se lo aspetta: a Roma, dal parto dei due Stati più centralisti d’Europa.
Quasi come se la Storia volesse prendere tutti in giro, nazionalisti ed autonomisti insieme, e dimostrare come le cose si impongono con una loro forza intrinseca, quasi mistica e che l’indaffararsi degli uomini che si credono motori del loro destino è una puerile perdita di tempo, come Miglio ben sapeva.


L’art. 10 del Trattato in questione muove da una premessa vera che costituisce una ammissione choccante da parte di Roma e Parigi, due Stati ipercentralisti: “La frontiera terrestre italo-francese costituisce un bacino di vita interconnesso, in cui le popolazioni italiana e francese condividono un destino comune”.
È il riconoscimento della peculiarità ed identità specifiche delle comunità, un bacino di vita, che si trovano sul confine alpino: una dichiarazione davvero incredibile dopo secoli di centralismo durissimo da entrambe le Parti.
“Le Parti dotano le collettività frontaliere… di competenze appropriate per rendere gli scambi e la cooperazione più dinamici…. Esse rafforzano in particolare la cooperazione transfrontaliera in materia di sanità e d’interventi di soccorso alle persone”.


Il riconoscimento di competenze specifiche non è una vuota dichiarazione di intenti poiché le Parti, Italia e Francia, “adottano le modifiche regolamentari e sottopongono ai rispettivi parlamenti le modifiche legislative necessarie per eliminare gli ostacoli alla cooperazione frontaliera, incluso per la creazione di servizi pubblici comuni in materia sociale, sanitaria, ambientale, di energia, d’istruzione, culturale e di trasporti”.


Tradotto: il modello istituzionale è quello dello Statuto Speciale, sul modello già attuato delle Regioni a Statuto Speciale ed a tal fine i Parlamenti dovranno muoversi.

Al comma 5 i due Stati eliminano ogni ipocrisia su ciò che nasce a Roma: “Le Parti favoriscono la formazione dei parlanti bilingue in italiano e in francese nelle regioni frontaliere, valorizzando in tal modo l’uso delle due lingue nella vita quotidiana”.
È il riconoscimento del bilinguismo come meta finale.
Cosa succederà ora?
Nessuno lo sa.
Però sappiamo ciò che non deve accadere: le comunità del Nord Ovest non devono subire la Storia, ma farsi parte attiva e guidare il cambiamento epocale messo ora nero su bianco, rifiutando la trappola di chi farà leva, da una parte e dall’altra, sui nazionalismi di stampo ottocentesco ormai morti.
Occorre prendersi le competenze e costruire il futuro.

Il Trattato è un’occasione che non va sprecata: non va giocato al meno, ma le potenzialità dello strumento vanno usate tutte, senza timori.
Se il Trattato sarà capito dai popoli alpini, Draghi e Macron meriteranno una statua a Ventimiglia ed il 26 novembre sarà Festività solenne.
Ma prima di festeggiare, c’è da scrivere uno Statuto.
Alpazur è tutta da fare, ma c’è il vantaggio che non bisogna fare gli “alpazuriens”, che esistono da sempre, vantaggio non da poco.

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Direttrice: Stefania Piazzo
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