di Benedetta Baiocchi – E’ la prima notizia che sgomita per farsi spazio dopo mesi di indiscussa popolarità del coronavirus.
L’epilogo si è consumato domenica 3 maggio. Il pm Di Matteo dichiara a Giletti durante Non è l’arena su La7 che lui avrebbe dovuto andare al capo del Dap, ma poi il Guardasigilli Bonafede, gli ha offerto un altro incarico. Da intercettazioni, e questa è la coda velenosa della notizia, i boss al 41bis risulta scongiurino l’arrivo del noto pm. La conclusione che si offre in pasto all’etere è che il ministro preferisca non contrariare i padrini piuttosto che dare lo scettro del Dipartimento penitenziario al coraggioso magistrato.
Sono giorni che non si parla d’altro.
Come catalogare la notizia, in quale casella?
Casella 1 – Scontro tra giustizialisti? Forse sì, appartengono alla stessa “famiglia”. Di Matteo era o non era candidato 5Stelle al ministero che poi è andato al grillino Bonafede?
Casella 2- Oppure, vediamo, per una resa dei conti interna, Di Matteo la bellezza di due anni dopo quel fatto che racconta in tv, apre l’armadio e tira fuori lo scheletro per eliminare politicamente il ministro. E lo sgarro sarebbe la scarcerazione del boss Zagaria. E ‘ andata così?
Casella 3 – Altra supposizione, un magistrato esce dal ruolo e incarna quello del giustiziere politico e avanza insinuazioni che dovrebbero essere portate davanti ad un altro tribunale, non quello televisivo, dove i processi in diretta che diventano esecuzioni sommarie, fanno ascolto. Un rito abbreviato, ai tempi della comunicazione veloce. E perché? Torniamo allo “sgarro” e alla conseguente espiazione tramite scomparsa politica? Guarda cosa hai combinato, ora sono cavoli tuoi.
Casella 4 – L’ex procuratore capo di Torino e ex magistrato antiterrorismo Armando Spataro, solidarizza col ministro e spiega così la storia: Di Matteo non è nuovo a uscite così.
Somma delle caselle: quanto i due duellanti sono autonomi e indipendenti? Quanto ciascuno di loro occupa un posto sulla scacchiera, sulle nomine, sugli equilibri interni, sul perseguire una visione di giustizia in piena autonomia piuttosto che interpretare un ruolo assegnato?
I toni tra i due contendenti sono diversi. Eppure l’opposizione si schiera contro il ministro, non gliele importa se la televisione è l’esecutore della fine politica, il “killer” che mediaticamente aiuta l’eliminazione di Bonafede, se Marco Travaglio, nel ruolo di “consigliere” tra i due parla di equivoco.
E’ una scena troppo surreale per essere vera, e il premier Conte, il più politico di tutti, fa la sola cosa che si poteva fare: difende l’istituzione.
Che è poi un “pupo” siciliano. Un personaggio eroico dell’epopea cavalleresca, s’intende.