Quel vizio di trafficare con camici e vestiti. Il caso Fano, l’“affare delle tute” nel 1946

14 Luglio 2020
Lettura 1 min

di Roberto Gremmo – Trafficare con camici e vestiti da lavoro può costare una carriera politica.

Lo doveva scoprire a proprie spese l’ingegnere e sottosegretario del governo Mario Fano che nel 1946 restò invischiato nella prima ‘tangentopoli’ della Repubblica Italiana.

Fu lo ‘scandalo delle tute’, scoppiato pochi mesi dopo il referendum istituzionale che aveva mutato la forma istituzionale dell’Italia e dimostrò che la vocazione di certa gente a truffare e far soldi illegalmente non era mai venuta meno.

Il 15 dicembre tutti i giornali diedero notizia in prima pagina dell’emissione di un gravissimo atto giudiziario, il “Mandato di cattura contro l’ex sottosegretario Fano”, non confermato nella sua carica da De Gasperi solo poche settimane prima della scoperta del reato. 

Come scrisse “Il Popolo Nuovo”, organo della D.C. torinese, un’inchiesta aveva appurato (il giornale però usava prudentemente il condizionale) che Fano “attraverso una fittizia società, aveva offerto all’amministrazione delle Poste circa 6000 tute da cedere al personale per il prezzo da lui stesso determinato di lire 1400, mentre le tute stesse erano state acquistate per un terzo circa. La differenza sarebbe stata divisa tra i componenti della società, tra cui principalmente il Fano”.

L’uomo sarebbe riuscito a mettere a segno il raggiro approfittando della sua posizione di Sottosegretario alle Poste e Telecomunicazioni, incarico che aveva ricoperto “con tutti i Ministeri del C.L.N. e precisamente con Badoglio, Bonomi, Parri e De Gasperi”.

Il tentativo di raggiro, “la scoperta dell’attività… faccendiera del Fano [era] dovuta – com’è noto – alle giacenze nei magazzini del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni di un forte quantitativo di tute inutilizzate. Si notava casualmente che uno di questi camici portava ancora appiccicato il cartellino col prezzo a cui doveva essere venduto al consumatore, e cioè lire 496,50. Chi faceva questa scoperta ricordava che le tute erano invece state pagate dal Ministero in base ad oltre 1400 lire cadauna. Il divario era notevole”; logico pensare che qualcuno si fosse arricchito alle spalle dell’Ente pubblico, come doveva confermare l’inchiesta giudiziaria.

Fano ed altri tre complici riuscirono a darsi alla latitanza.

Venne l’ora del giudizio e la prima frode di un uomo politico in era repubblicana finì praticamente in niente perché quando il processo per lo ‘scandalo delle tute’ venne celebrato a Torino dal 10 al 12 giugno 1947 risultò che la truffa c’era stata davvero, e bella grossa e che Fano aveva davvero “messo in opera un raggiro” ma la condanna fu solo a tre anni di reclusione ed una multa di dieci mila lire. Un’inezia.

Non passò neanche un anno ed il 29 aprile 1948 la Corte d’Appello di Torino dichiarò estinto il reato per amnistia.

Tutto finì in nulla.

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