di Gigi Cabrino – Con il decreto n. 11 dello scorso 16 febbraio sul blocco alla cessione dei crediti le modifiche al superbonus arrivano a 33 in meno di tre anni. È quanto emerge da una analisi pubblicata sul sito Italiaoggi.it .
“Ricapitolando dalla data di entrata in vigore del 19 maggio 2020 fino a oggi, l’articolo 119 ha subito ben 19 modifiche normative, mentre l’articolo 121, che disciplina la cessione dei crediti e lo sconto in fattura, ne ha subite altre 14”.
“Sono tre gli esecutivi che hanno proposto le suddette modifiche che, stando agli ultimi interventi legislativi, legge di bilancio 2023 e decreto legge del 17 febbraio scorso, non sono evidentemente riusciti a tamponare la falla ai conti pubblici che tale misura sembra aver generato”.
“Al di là delle questioni politiche che agitano la discussione di questi giorni con la ricerca di un capro espiatorio sul quale far ricadere tutte le conseguenze negative del superbonus, quel che appare evidente, dall’esame delle varie modifiche introdotte, è che il legislatore è intervenuto, molto spesso, non per correggere o limitare alcune storture o per introdurre nuove e più consone misure di controllo, ma per bloccare e stravolgere, tutto d’un colpo, le disposizioni vigenti. Con tale tecnica legislativa si è finito per generare allarme, confusione e incertezza normativa dalle quali discende il caos che stiamo vivendo in questi giorni. Anche l’Agenzia delle entrate ci ha messo del suo. Se il meccanismo delle cessioni dei crediti gestito quasi esclusivamente dagli operatori bancari si è improvvisamente bloccato (ormai da quasi un anno!) molto è dipeso anche dall’elaborazione di specifici indicatori di rischio introdotti con la famosa circolare n.23/e del 23 giugno 2022, sulla base dei quali si sarebbe potuto coinvolgere il fornitore o il cessionario dei crediti fiscali nella famigerata responsabilità solidale”.
“Indicatori di rischio poi rivisti, solo in parte, con la successiva circolare n.33/e del 6 ottobre 2022 e, infine, del tutto azzerati dal decreto legge n. 11 del 17 febbraio scorso”.
“Solitamente la politica giustifica i vari interventi apportati alla disciplina del superbonus con la necessità di introdurre nuove misure di contenimento finalizzate ad impedire le frodi e ripristinare condizioni di maggior normalità ad una misura eccessivamente favorevole ai contribuenti”.
“Tutto vero. Il risultato al quale assistiamo proprio in questi giorni è però diverso. Si è deciso, improvvisamente, di azzerare il tutto e ritornare alla situazione vigente ante 19 maggio 2020”.
“Il vero successo delle misure contenute nel decreto rilancio, oltre alla percentuale stratosferica della detrazione pari al 110% delle spese sostenute, è stato, senza ombra di dubbio, l’aver introdotto il meccanismo della cessione e dello sconto in fattura applicabile non solo al superbonus ma anche agli altri bonus edilizi minori (manutenzioni straordinarie, ecobonus, etc.)”.
“Oggi, di tutto questo non resta più niente.
Il 110 per cento non esiste più già dal 1° gennaio 2023. La percentuale è stata ridotta al 90% dalla legge di bilancio 2023 e la sua applicazione pratica è limitata a poche situazioni.
Dal 17 febbraio scorso è finita anche l’era della monetizzazione dei crediti fiscali. Niente più sconto in fattura da parte del fornitore e niente più cessioni di credito per gli interventi edilizi futuri non solo per il superbonus ma anche per gli interventi minori.
Si è deciso di buttare via tutto, senza salvare niente”.
“Eppure qualcosa di buono in questi due anni e mezzo di applicazione delle disposizioni in commento, si è visto. Resta l’enorme questione dei crediti incagliati da risolvere. Resterà e sarà molto difficile da cancellare, la mancanza di fiducia e di affidamento nella legge che tale situazione ha generato negli operatori e nei cittadini. Del resto, se in poco più di due anni, si cambia ben 33 volte una disposizione normativa non ci si può attendere molto di più”.