Pagliarini: Bisogna pensare alle sfighe future. E meno male che c’è l’euro!

13 Marzo 2020
Lettura 3 min

di Stefania Piazzo – “Meno male che c’è l’euro”. Il Paglia, per gli amici, per tutti Giancarlo Pagliarini l’inossidabile federalista che veste alla svizzera, col sogno dell’indipendenza, all’euro non ha mai voluto rinunciare. Anzi, l’uomo che proponeva due monete (lo ricordate? moneta unica subito per il Nord, e lira competitiva per l’export nel centrosud, ndr) riconferma l’importanza dell’unione monetaria in questa fase di recessione da virus, soprattutto per l’Italia che di debiti ora ne dovrà fare per finanziare la ripresa.

Pagliarini, facciamo un quadro di quello che ci aspetta. Come vede il futuro da uomo dei bilanci?

“Abbiamo sentito tutti la commissaria europea dire “In Europa siamo tutti italiani”. Ecco, il senso di questa affermazione sta nel fatto che siamo dentro l’euro. Se avessimo avuto la lira, la svalutazione ci avrebbe velocemente seppelliti. Possiamo fare deficit per 30-40-50 miliardi, quello che sarà, ma in euro. Tra un anno avremo sempre un euro con un potere d’acquisto di uno se non di 0,97 o 0,95. Non ci sarà un’inflazione spaventosa! Spendiamo in deficit – per coprire errori catastrofici negli anni precedenti come poi le spiegherò – trasferiamo il peso sulle generazioni future ma non perdiamo il potere d’acquisto”.

In altre parole, se non ci fosse stato l’euro avremmo dovuto stampare moneta?

“Proprio così. Se oggi una lira avesse avuto il potere d’acquisto di uno, tra un anno la stessa lira avrebbe avuto il potere d’acquisto di 0,50 o 0,40. Avremmo avuto una inflazione incontenibile, perché non si genera ricchezza vera stampando moneta! Ecco perché dico: per fortuna c’è l’euro”.

Il decreto prevede un coprifuoco quasi generalizzato, molte attività industriali non chiudono e con loro i negozi della filiera. E’ giusto così?

“Il punto è un altro. Io prendo come esempio la Corea del Sud. Ha avuto ad un certo punto gli stessi positivi dell’Italia ma rispetto ai morti, ne i coreani ne hanno contati molti meno. Cosa è successo?? Non muoiono nella Corea del Sud? Forse la differenza sta nel fatto che hanno gente che fa politica , e che invece di avere come obiettivo quello di comprare i voti, ha avuto come obiettivo fare quel che è necessario, ma senza pensare ai voti. La Corea del Sud ha pensato al futuro. Hanno fatto fare i tamponi a molta gente, chi doveva essere curato era subito messo sotto terapia. Hanno un numero di posti letto 100 volte più dei nostri. Lo stesso in Germania, dove i posti letto sono più numerosi che in Italia”.

Dove vuole arrivare, Pagliarini?

“E’ un discorso aziendale. E faccio tre esempi: una società, un condominio, lo Stato. Esempio numero uno: la società che fa 100 di utili può anche dire “ma che bello, ho fatto 100 e ne distribuisco altrettanti 100 di dividendi, per far crescere il valore di borsa”. Oppure… una società può distribuire 60 di dividendi, se ne frega del valore di borsa, e 40 li mette in un fondo per rischi futuri. E’ una buona norma, anche se i principi contabili non lo impongono, dire che non potrà sempre andare bene! Magari viene una epidemia! Se tra un anno, due, dieci, cento capita una sfiga, io sono a posto, perché ho il fondo! Esempio numero due: il condominio. L’amministratore vede che servono 100 euro e se ne fa dare dai condomini 100 di spese. Oppure, previdente, se ne fa dare 110 e i 10 in più li accantona nel capitolo sfighe future! Terzo esempio: lo Stato. Ci sono Stati come l’Italia che non pensa minimamente alle emergenze, anzi, spende sempre meno per la sanità fregandosene del rischio sanitario perché deve comprare i voti per le spese assistenziali, oppure ci sono stati come la Germania che hanno previsto il rischio. I singoli lander tedeschi hanno molti più posti letto di noi. Non sono occupati tutti da mattina a sera, sono vuoti, ma possono servire in caso di necessità. In altre parole, l’organizzazione del paese è fondamentale. Così ha fatto la Cina, grazie ad una organizzazione militare. La Svizzera, qualsiasi cosa succeda, è pronta, perché il potere è dei cantoni, vige il principio della concorrenza e quindi uno cerca di fare meglio dell’altro”.

E’ in altre parole l’organizzazione del sistema paese che fa la differenza?

“Si, qui arriviamo a noi. Se in Italia avessimo avuto un federalismo alla svizzera, in Lombardia saremmo partiti subito, prima, e avremmo avuto meno malati. E altre regioni d’Italia a questo punto, avrebbero copiato la Lombardia. Molti dicono che ci sarebbe il caos. Invece è una “gara” a chi si organizza meglio”.

C’è chi attribuisce la disorganizzazione regionale al fatto che la sanità sia una materia concorrente. Che ne pensa, Pagliarini?

“Nemmeno per sogno. Quando venne approvata la riforma del titolo V c’era la sanità come materia concorrente. Lo Stato doveva dare le indicazioni, e ogni regione si organizzava con il vincolo dato dallo Stato. Bene, peccato che le prime indicazioni sulla sanità fossero un faldone di 100 e più pagine di prescrizioni dello Stato centrale. Avrebbero dovuto essere su mezzo foglio A4, per intenderci! Non essere una enciclopedia di indicazioni. Lo Stato di sovranità ne ha ceduta ben poca. Se una scemata parte dal centro, la scemata la pagano tutti. Se una regione invece è realmente sovrana, se una singola regione fa una scemata, e un’altra invece fa la cosa giusta, chi è nel giusto non paga per l’errore dell’altro. Mi sembra chiaro”.

Photo by Michał Parzuchowski

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