Matteotti, il suo discorso antifascista alla Camera: “Io protesto!”. A Montecitorio una targa e il suo scranno per sempre libero

30 Maggio 2024
Lettura 3 min

Oggi la Camera dei deputati onora Giacomo Matteotti, uno dei padri della nostra democrazia, vittima dello squadrismo fascista Esattamente 100 anni fa, dallo scranno di quest’aula, dove è stata apposta una targa in suo ricordo, Giacomo Matteotti pronunciò il discorso che gli sarebbe. costato la vita A perenne ricordo del suo sacrificio questo scranno non sarà più assegnato ad alcun deputato». Lo ha detto questa mattina il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nel corso delle celebrazioni, che si sono svolte nell’aula di Montecitorio, a cent’anni dal discorso del 30 maggio 1924 in cui Giacomo Matteotti denunciò in Parlamento le violenze perpetrate dai fascisti durante le elezioni politiche del 6 aprile di quell’anno.

All’evento hanno partecipato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e il vicepresidente della Corte costituzionale Giovanni Amoroso. “Io protesto!”. Lo stenografico della seduta della Camera dei deputati del 30 maggio del 1924 restituisce integralmente la forza del discorso di Giacomo Matteotti in aula, l’ultimo. E fa capire bene in che contesto il deputato socialista denuncia apertamente le violenze fasciste in occasioni delle elezioni i risultati delle elezioni del 6 aprile, contestandone il risultato. Gli atti della Camera riportano ‘interruzioni’, ‘proteste’, ‘vivi commenti’ di continuo, con i deputati di destra e di centro che urlano a Matteotti  di tutto, compreso un ‘vai in Russia!’.

IL DISCORSO

“Io chiedo di parlare non prudentemente, né imprudentemente, ma parlamentarmente!”, tiene il punto Matteotti  di fronte alle proteste che tentano di subissare le sue parole. Ma cosa denuncia l’esponente socialista quel 30 maggio del ’24? “Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità dell’elezione della maggioranza”, chiarisce subito tra i ‘rumori vivissimi’ (da stenografico). “Il governo avrebbe mantenuto il potere con la forza”, dice Matteotti  mentre ‘voci da destra’ in aula urlano: “Sì, sì! Noi abbiamo fatto la guerra!”, tra gli applausi. “Codesti vostri applausi sono la conferma precisa della fondatezza dei mio ragionamento (…) nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà”, riprende a fatica Matteotti. 

– “Ciascun cittadino sapeva a priori che, se anche avesse osato affermare a maggioranza il contrario, c’era una forza a del Governo che avrebbe annullato il suo voto e il suo responso”, argomento Matteotti  che subisce l’ennesima interruzione. Farinacci replica: “Potevate fare la rivoluzione!”. E Maraviglia incalza: “Sarebbero stati due milioni di eroi!”. Quando Matteotti  accenna alla “milizia armata” scattano gli ‘applausi vivissimi e prolungati a destra’, grida ‘Viva la milizia’ e ‘voci a destra ‘Vi scotta la milizia!” (da stenografico). Bastianini urla a Matteotti : “Questo lo dice lei!”. Ed è qui che il deputato socialista comincia a elencare i fatti: “Se l’onorevole Gonzales dovette passare 8 giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo, non fu bastonato. L’onorevole Gonzales, che è uno studioso di San Francesco, si è forse autoflagellato!”, dice tra l’altro. E Teruzzi replica: “È ora di finirla con queste falsità”. “L’onorevole Piccinini fu assassinato nella sua casa , per avere accettata la candidatura nonostante prevedesse quale sarebbe stato per essere il destino suo all’indomani”, prosegue ancora Matteotti . Gli altri candidati “non solo non potevano circolare, ma molti di essi non potevano neppure risiedere nelle loro stesse abitazioni, nelle loro stesse città. Alcuno, che rimase al suo posto, ne vide poco dopo le conseguenze. Molti non accettarono la candidatura, perché sapevano che accettare la candidatura voleva dire non aver più lavoro l’indomani o dover abbandonare il proprio paese ed emigrare all’estero”, spiega il deputato socialista. 

Matteotti  elenca anche una serie di trucchi utilizzati in quelle elezioni, come quella che definisce “la regola del tre” per cui “i fascisti consegnavano agli elettori un bollettino contenente tre numeri o tre nomi, secondo i luoghi (‘interruzioni’), variamente alternati in maniera che tutte le combinazioni, cioè tutti gli elettori di ciascuna sezione, uno per uno, potevano essere controllati e riconosciuti personalmente nel loro voto”. Oppure, “i certificati furono raccolti e affidati a gruppi di individui, i quali si recavano alle sezioni elettorali per votare con diverso nome”. Qui, sempre seguendo lo stenografico, il clima in aula a Montecitorio diventa sempre più teso: “Per voi ci vuole il domicilio coatto e non il Parlamento!” e “Vada in Russia!”, sono alcuni commenti riportati contro Matteotti . Questo non impedisce al deputato socialista di concludere: “Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente, rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della Nazione”, rimarca. “Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro”. 

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
Hosting: Stefania Piazzo

Newsletter

Iscriviti alla nostra Newsletter!

Servizio Precedente

“Frociaggine”, svolta o anche no.

Prossimo Servizio

Cos’ha detto Giorgia Meloni sul delitto Matteotti: Uomo libero e coraggioso, ucciso da squadristi fascisti

Ultime notizie su Politica

Marco Reguzzoni entra in Forza Italia

“Marco Reguzzoni, Presidente dell’Associazione ‘I Repubblicani’, fondata nel 2013 con Silvio Berlusconi e già candidato come indipendente nelle liste di Forza Italia alle ultime elezioni europee ha aderito al nostro partito”. Lo

LA PONTIDA DEI SELFIE CON VANNACCI

GIORGETTI  “State tranquilli perché il ministro dell’Economia non è un banchiere né un professore, ma il figlio di un pescatore e di una operaia tessile: so distinguere chi fa sacrifici e chi
TornaSu