di Cuore Verde – «E’ una esigenza che avvertono tutti i Paesi industriali avanzati, almeno quelli europei: realizzare delle « aree forti », con una grossa capacità di concentrare risorse e di programmare il proprio sviluppo su dimensioni continentali».
(da “Il cuore nuovo della Padania”, La Stampa – 30 Maggio 1969)
Le cinque regioni del “campo progressista” (Sardegna, Puglia, Campania, Toscana, Emilia Romagna), riunite nel Coordinamento regionale sull’autonomia, sono pronte ad approvare il testo da sottoporre alla Consulta per l’abrogazione, totale o parziale, della legge sull’autonomia differenziata e, se la richiesta dovesse essere respinta, a provvedere alla raccolta di 500mila firme per l’indizione del referendum popolare.
I presidenti di centrodestra delle regioni del Veneto, Lombardia e Piemonte sono invece pronti a richiedere il trasferimento delle competenze per le 9 materie per le quali non è prevista la determinazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), suscitando qualche malumore sul versante meridionale della coalizione.
Le 9 materie sono le seguenti: rapporti internazionali e con l’Unione europea della Regione; commercio con l’estero; professioni; protezione civile; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale; organizzazione della giustizia di pace.
Si è costituito di fatto un “FRONTE DEL NO”, nettamente contrario all’autonomia, a forte trazione “sudista”, nel quale compare anche l’Emilia-Romagna, seppur inizialmente a favore della stessa riforma, e un contrapposto “FRONTE DEL NORD” intenzionato a far partire subito le procedure di richiesta per le 9 materie per le quali non occorrono i LEP.
Senza entrare negli aspetti specifici delle singole materie, anche se questa autonomia si presenta come una specie di “concessione governativa” a tempo limitato, credo che non si dovrebbero sottovalutare gli eventuali scenari di carattere geopolitico.
Nell’articolo “Il cuore nuovo della Padania”, citato all’inizio, pubblicato nel 1969 da La Stampa, si può ancora leggere “Di recente « Mondo Economico » faceva una sua suddivisione del territorio italiano in otto super-regioni, scavalcando non solo il concetto tradizionale di triangolo industriale, ma anche quello di Padania, immaginando cioè la grande regione Nord che arriva dalla Francia alla Jugoslavia e comprende non solo Piemonte, Liguria e Lombardia ma il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, il Trentino Alto Adige e l’Emilia-Romagna. E per l’Italia centro-settentrionale, cioè per la Padania, questa esigenza di «lavorare più in grande» è strettamente collegata con la necessità di riorganizzare il nostro sistema economico, di decongestionare le aree ad alta concentrazione, di articolare lo sviluppo su un territorio molto più vasto. Ed ecco il problema della creazione dei sistemi portuali, delle idrovie, di una nuova politica delle infrastrutture… A questo secondo livello, la Padania acquista una grossa dimensione continentale“.
Per “lavorare più in grande”, con la richiesta delle predette 9 materie, si potrebbe costituire, negli stessi ambiti, un Coordinamento delle Regioni del Nord, sia sul piano “interno” (es. protezione civile), sia sul piano “esterno” come quello dei rapporti internazionali e con l’Unione europea, nei quali sarebbe auspicabile rientrasse anche una possibilità di interlocuzione diretta per i fondi del PNNR, e del commercio con l’estero.
L’autonomia differenziata che, secondo alcuni, rischia di dividere l’Italia in tanti “staterelli” minacciandone l’unità, in realtà, potrebbe unire le regioni del Nord in una “area forte” di livello macro-regionale acquistando “una grossa dimensione continentale”.
Nascerebbe la super-regione della Padania come l’aveva proposta Guido Fanti nel 1975, primo presidente della Regione Emilia-Romagna.
«Le Regioni rifiutandosi di chiudersi in se stesse, sono chiamate a svolgere il ruolo di protagoniste della politica nazionale e il consolidarsi di rapporti permanenti nell’area padana rappresenta un contributo decisivo».
(Guido Fanti in “Ma nascerà davvero la super regione della Padania?”, La Stampa – 6 Novembre 1975)