Un nuovo studio pubblicato sulla rivista PNAS Nexus rivela come gli algoritmi dei social media favoriscano il contenuto politico sponsorizzato da determinati partiti a parita’ di budget investito. La ricerca, frutto di una collaborazione tra il Politecnico di Milano, la LMU – Ludwig Maximilians Universitat di Monaco e l’istituto Centai di Torino, ha analizzato oltre 80 mila inserzioni politiche su Facebook e Instagram prima delle elezioni federali tedesche del 2021. Gli annunci sono stati inseriti da partiti di tutto lo spettro politico e hanno generato piu’ di 1,1 miliardi di impressioni durante un’elezione con piu’ di 60 milioni di elettori idonei. Investigando le disuguaglianze nelle campagne online, sono emerse discrepanze significative nell’efficacia della pubblicita’ e nell’intensita’ con cui gli annunci hanno raggiunto i loro obiettivi premiando i gruppi piu’ estremisti.
Utilizzando i dati raccolti, e’ emerso che oltre il 70 per cento dei partiti ha utilizzato la profilazione degli utenti negli annunci. Inoltre calcolando le variazioni dei costi per la pubblicita’ (impressioni per euro speso) risulta che non tutti i partiti hanno ottenuto risultati uguali a parita’ di budget. L’estrema destra dell’AFD e’ risultata la piu’ efficace con annunci quasi sei volte piu’ performanti rispetto ai competitor che avevano investito lo stesso budget. I Verdi sono stati il partito con minor efficacia di costo.
“Il maggiore successo della loro pubblicita’ potrebbe essere spiegato dal fatto che le questioni politiche incendiarie promosse dai partiti populisti tendono ad attirare molta attenzione sui social media. Di conseguenza, gli algoritmi favorirebbero annunci di campagne con tali contenuti” spiega Francesco Pierri, ricercatore del gruppo di ricerca Data Science del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano che ha co-guidato il lavoro. Un’altra scoperta dello studio sono state le discrepanze per tutti i partiti tra il pubblico mirato e quello effettivo. Mentre la maggior parte dei partiti tendeva a raggiungere un pubblico piu’ giovane di quello previsto, il contrario e’ avvenuto per l’estrema destra. Pierri e i suoi colleghi ipotizzano che il bias algoritmico nella distribuzione degli annunci sia basato sul comportamento degli elettori gia’ noto.
“Vediamo un bias sistematico nel modo in cui vengono distribuiti gli annunci politici dei diversi partiti. Se mirano ad un pubblico specifico o inviano messaggi contraddittori su questioni politiche a diversi gruppi, cio’ puo’ limitare la partecipazione politica dei gruppi svantaggiati,” continua Pierri.
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista PNAS Nexus rivela come gli algoritmi dei social media favoriscano il contenuto politico sponsorizzato da determinati partiti a parita’ di budget investito. La ricerca, frutto di una collaborazione tra il Politecnico di Milano, la LMU – Ludwig Maximilians Universitat di Monaco e l’istituto Centai di Torino, ha analizzato oltre 80 mila inserzioni politiche su Facebook e Instagram prima delle elezioni federali tedesche del 2021.
Gli annunci sono stati inseriti da partiti di tutto lo spettro politico e hanno generato piu’ di 1,1 miliardi di impressioni durante un’elezione con piu’ di 60 milioni di elettori idonei. Investigando le disuguaglianze nelle campagne online, sono emerse discrepanze significative nell’efficacia della pubblicita’ e nell’intensita’ con cui gli annunci hanno raggiunto i loro obiettivi premiando i gruppi piu’ estremisti.
Utilizzando i dati raccolti, e’ emerso che oltre il 70 per cento dei partiti ha utilizzato la profilazione degli utenti negli annunci. Inoltre calcolando le variazioni dei costi per la pubblicita’ (impressioni per euro speso) risulta che non tutti i partiti hanno ottenuto risultati uguali a parita’ di budget. L’estrema destra dell’AFD e’ risultata la piu’ efficace con annunci quasi sei volte piu’ performanti rispetto ai competitor che avevano investito lo stesso budget. I Verdi sono stati il partito con minor efficacia di costo.
“Ancora peggio, gli algoritmi utilizzati dalle piattaforme non permettono di verificare se comportino dei bias nella distribuzione degli annunci. Se, per esempio, alcuni partiti pagano sistematicamente prezzi piu’ alti di altri per annunci simili, cio’ danneggia la competizione politica. Abbiamo bisogno di maggiore trasparenza da parte delle piattaforme in relazione alla pubblicita’ politica per garantire elezioni eque e non compromesse”.
Non sorprende, quindi, che la pubblicita’ politica mirata sui social media abbia suscitato seri dubbi tra attori politici, ricercatori e la societa’ in generale. Le richieste di migliorare il monitoraggio di questa forma di pubblicita’ elettorale per salvaguardare l’integrita’ democratica si fanno sempre piu’ forti. La pressione pubblica e gli sforzi normativi (ad esempio, il Digital Services Act nell’UE) hanno spinto le piattaforme di social media a fornire accesso pubblico agli annunci politici e sociali, permettendo ai ricercatori di studiarli su larga scala. (fonte Nova)