Febbraio 2020, incredibile Regione Lombardia a Ospedale Cremona: tagli al dipartimento emergenza-urgenza e declassata la terapia intensiva neonatale

14 Marzo 2020
Lettura 5 min

di Stefania Piazzo – E poi scopri per caso, che quattro mesi fa, appena quattro mesi fa, la Regione per “razionalizzare le spese”, aveva avviato il progetto di declassamento della terapia intensiva neonatale a Cremona E, ancor di più, come si legge dalle cronache dei media locali dal dicembre 2019 al 17-18 febbraio e 1° marzo scorsi, in piena epidemia, la preoccupazione della Regione era quella di confermare a tutti i costi alla razionalizzazione dei gangli vitali dell’ospedale, come il dipartimento emergenza-urgenza. Il primo provvedimento, la terapia intensiva neonatale, si traduce nel trasferire a Brescia, a 40 chilometri di distanza, i prematuri sotto i 1.500 grammi. Un’eccellenza trasferita, perché occorre risparmiare. Tagliare.

Sulla rete è ancora attiva una petizione lanciata quattro mesi fa dal titolo chiaro: “Fermiamo il declassamento dell’unità di terapia intensiva neonatale a Cremona”. Sorprendente scoperta.

Incredibile ma vero, è il 18 febbraio. Ma il giorno prima si legge, ancora: “in Regione ci sarà un altro appuntamento fondamentale: quello con i sindaci del nostro territorio che portano avanti la battaglia contro il declassamento della Tin e quello preannunciato del dipartimento di emergenza-urgenza”.

Mentre il 1° marzo CremonaOggi apre con la conferma, in pieno coronavirus. Questa:

Ed ecco il secondo e più stupefacente indirizzo del nuovo welfare lombardo, ovvero mettere mano anche al cosiddetto reparto di Osservazione breve intensiva, la medicina murg o medicina d’urgenza, fino a toglierlo. Poi è arrivata la pandemia. E per fortuna che il reparto di Osservazione c’era ancora, la scure regionale non era ancora partita. Perché è diventato uno dei reparti cruciali nell’emergenza Covid-19 a Cremona.

Un altro pezzo di cronaca? Pronti. Torniamo indietro nel tempo. E’ sempre il quotidiano CremonaOggi, il 23 dicembre 2019, a raccontare del pensionamento anticipato del primario di pronto soccorso, amareggiato per i tagli in vista. Leggiamo, perché è un documento di grande importanza.

” Un’altra defezione dall’Asst di Cremona. Questa volta a decidere di andarsene prima del tempo, con una domanda di prepensionamento, è il primario del Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza Antonio Cuzzoli, 60 anni, arrivato all’ospedale di Cremona nel 2011. Una scelta sofferta, protocollata all’azienda giovedì scorso e comunicata ai colleghi del reparto il giorno dopo, con un’accorata lettera in cui  fa accenno al disagio sopraggiunto da qualche mese e in particolare da quando la direzione generale ha prefigurato un ridimensionamento del reparto in ‘osservazione breve’. 

Raccontando del Pronto soccorso, il collega di CremonaOggi va oltre. E scrive, sempre il 23 dicembre alla vigilia di Natale: “Al suo interno è attiva un’area sub-intensiva per il monitoraggio e la ventilazione non invasiva, con monitor a disposizione dei clinici per il rilevamento continuo dei parametri vitali dei pazienti. Non è chiaro cosa diventerà in futuro questo reparto – una ventina di letti, sempre al completo – con un’alta percentuale di anziani”.

Un’eccellenza, insomma, con “un’area sub-intensiva per il monitoraggio e la ventilazione non invasiva, con monitor a disposizione dei clinici per il rilevamento continuo dei parametri vitali dei pazienti. Non è chiaro cosa diventerà in futuro questo reparto – una ventina di letti, sempre al completo – con un’alta percentuale di anziani”.

Ricapitoliamo. Declassare la terapia intensiva neonatale. E mettere mano al dipartimento di Emergenza e accettazione (Dea) con la medicina d’urgenza. Ciò che si legge infine è il de profundis. Il reparto infatti avrebbe potuto, e aggiungiamo, dovuto, ottenere la qualifica di II livello, “al momento inesistente il tutta l’Ats Valpadana nonostante il bacino d’utenza (poco meno di 800mila residenti, tra le province di Cremona e Mantova) ne giustifichi l’avvio ormai da diversi anni. La normativa nazionale determina, tra le altre cose, anche la presenza di una struttura che sia in grado di garantire interventi multidisciplinari nell’area di emergenza – urgenza”.

Ma, fa capire il primario Cuzzoli al cronista, il II livello era solo questione di volontà politica. Eh certo, forse solo una catastrofe può risvegliare la politica che applica al welfare le regole della matematica come si trattasse di spostare nespole.

Ma qualche mese prima, sul portale welfarenetwork.it si legge in un servizio del 19 luglio 2019 a firma di un consigliere comunale di Cremona di Articolo 1, Francesco Ghelfi:

“Il Sindaco Galimberti e l’assessore Viola è giusto che richiamino l’attenzione e facciano sentire forte le loro voci per fare in modo che l’Ospedale di Cremona riceva più risorse economiche e più personale in modo che ritorni ad essere un punto di riferimento per tutti i cittadini cremonesi che, sempre più spesso, si orientano verso strutture di altre città, nelle quali trovano le professionalità che l’ospedale ha perso negli ultimi anni”.

Pensa se ne avesse perse di più, umiliate dai tagli della politica.

Photo by JC Gellidon 

Ma bisogna che non siano lasciati soli, che si mobiliti l’intera politica cremonese per chiedere una inversione di tendenza che riporti veramente il paziente al centro dell’interesse del servizio sanitario pubblico e che riporti l’ospedale di Cremona al posto che gli compete all’interno del Sistema Sanitario Regionale”.

C’ha pensato la catastrofe biologica.

Ecco il testo.

Le ultime notizie diffuse dai giornali riportano che Regione Lombardia ha recentemente deliberato di declassare l’attuale Terapia Intensiva Neonatale di Cremona a degenza sub-intensiva.

Come ha evidenziato l’ex direttore Carlo Poggiani in una lettera indirizzata al quotidiano locale, ciò significherebbe, in sostanza, l’impossibilità da parte dei Neonatologi di Cremona di “farsi carico dell’assistenza sia ai neonati gravemente prematuri che a quelli a termine di gravidanza con l’esigenza di un supporto ventilatorio, di ipotermia terapeutica, di infusione di sostanze inotrope, di nutrizione parenterale totale, etc.”.
Questi neonati dovrebbero essere per forza trasferiti a Brescia, con che mezzo non è dato saperlo ma preciso che fra Cremona e Brescia ci sono circa 48 km, che si traducono in 40 minuti di autostrada senza considerare traffico, lavori o eventuali incidenti che potrebbero allungare i tempi.

Secondo l’ex primario, si tratterebbe, circa, di quasi 200 trasporti l’anno, di cui “tra i 50 e gli 80 di bambini con necessità ventilatorie, tra i 20 ed i 30 di neonati di peso molto basso o estremamente basso, a cui andrebbero aggiunti neonati con convulsioni, crisi di astinenza etc.”
Chi si farà carico di questi trasporti? Chi si assumerà il rischio che comporta trasportare un bambino di 1 kilo (o anche meno) con gravi problematiche di salute legate ad una nascita fortemente prematura? Chi starà vicino a quei genitori che, già messi a dura prova da una nascita avvenuta troppo presto (con tutte le paure e le preoccupazioni che questa comporta), saranno costretti a lunghe trasferte giornaliere, anche nel cuore della notte in caso di emergenza?

Per l’ex direttore Poggiani, la scelta della Regione è quantomai politica e a beneficiarne sarà ” una delle due TIN del capoluogo bresciano, introdotta per sopperire alle eventuali necessità del Civile che dista poche centinaia di metri. La seppur breve distanza non ha tuttavia permesso a questa realtà di superare la casistica di Cremona. Ma è stata confermata in grado, come Seriate, per la maggiore percentuale di … saturazione dei posti letto”.

Qualsiasi siano le motivazioni alla base di questa delibera, da mamma di una bimba nata prematura a causa di una patologia sopraggiunta nel terzo trimestre di gravidanza, viva grazie al tempestivo intervento dell’equipe medica ed infermieristica della TIN cremonese, la notizia mi ha a dir poco rattristato, da un lato perché mi sembra non tenga conto dell’importanza che questo reparto ha assunto nel corso del tempo sul territorio cremonese, in particolare dopo la chiusura del punto nascite dell’Ospedale Oglio Po nel Casalasco, dall’altro perché, sebbene non sia un’ “addetta ai lavori”, credo che garantire la tempestività di intervento sia fondamentale quando si parla di neonati prematuri e/o con problematiche di salute tali da compromettere le normali funzioni vitali quali la respirazione spontanea.

Per questi motivi, ed anche per sostenere quei medici e quegli infermieri che, con professionalità e dedizione, lavorano giorno e notte nel reparto di Terapia Intensiva Neonatale di Cremona, la sottoscritta, insieme a quanti vorranno aderire a questo appello, chiede a Regione Lombardia di non declassare la TIN dell’ASST di Cremona, onde evitare di penalizzare un’intera Provincia.

IL GIORNALE

Direttrice: Stefania Piazzo
La Nuova Padania, quotidiano online del Nord.
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