Europeismo, tutto e il contrario di tutto

11 Febbraio 2021
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di Giovanni Robusti – Oggi si usano poche parole per esprimere i concetti e dare notizie. Parole contingentate dai mezzi di comunicazione e dalla pigrizia di chi legge. Questo porta a dare alle parole i significati che a ciascuno fa piacere dargli. Una parola, quindi, accontenta tutti. Se avessimo il tempo per un confronto sul singolo significato credo che ne uscirebbe una baraonda. In questi giorni va di moda: europeismo.

Salvini diventa europeista. Certo che, se fino ad ieri era statalista (il che già sarebbe un eresia per la Lega che fu), oggi diventare europeista è una bella rivoluzione. Più che analizzare il percorso salviniano tra secessione, statalismo ed europeismo, che si coniuga al passato, vediamo di capirci cosa si intende per europeismo.

La Lega Nord (quella di Bossi) mi portò al Senato nella prima legislatura di massa leghista. 1994-1996. All’epoca facemmo cadere il 1° governo Berlusconi perché le nostre aspettative su un possibile federalismo, anche all’acqua di rose, vennero subito spente. Brutalmente. Con un moto di orgoglio (qualcuno sussurra ben altre motivazioni, sarà la storia a scoprirlo) ribaltammo il tavolo e si arrivo al governo Dini.

Occupandomi di agricoltura, perché quella è la mia formazione professionale, dovetti farmi da subito un’idea sull’Europa. Che di agricoltura si occupa in modo esclusivo (tolse agli Stati ogni competenza dal 1960). I casi della vita mi portarono, nella legislatura 2004-2009, al Parlamento Europeo in sostituzione proprio di Umberto Bossi che divenne ministro. E li capii ancora meglio.

In Europa, per semplificare, ci sono più modelli di europeismo, idee sul futuro dell’Europa. Il modello vigente è verso una federazione di Stati nazione, basando sul conferimento alla legislazione europea il primo livello nella gerarchia delle fonti. Cioè disapplica la legislazione nazionale.

Il modello immaginato delle autonomia (che non necessariamente sono definibili come popoli): si pensa ad una federazione europea di autonomie. Basti pensare alla Scozia, alla Catalogna, ai Baschi, ai Sassoni e Valloni, ai lander tedeschi che tra nord, ex DDR e sud sono delle realtà ben diverse (molto più diverse di Milano con Napoli).

E’ a tutti evidente che tra i due modelli c’è una visione di europeismo che non può mettere insieme la Meloni, Salvini, Zingaretti & c.

Ed è altrettanto evidente che la seconda opzione di europeismo considera, nella attuale gerarchia, lo Stato come superfluo. Basteranno Europa, Regioni, Comuni per usare una identificazione semantica in italiano.

Mi fermo qui, per ora. Basta e avanza per farsi delle domande.

Nel 2009 quando lasciai per scelta il Parlamento Europeo, pubblicai un piccolo volumetto intitolato “Per non morire d’Europa”, passato assolutamente inosservato. Siccome ci mettemmo io e i miei collaboratori, tempo e passione, considerato che nei fondamenti non è cambiato molto da allora, proporrò a piccole parti alcuni contenuti.

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