Che fine ha fatto la riforma della giustizia civile approvata il 6 Dicembre 2019? Il Punto di Antonino Arconte

9 Luglio 2020
Lettura 5 min

di Antonino Arconte – Pochi mesi fa, dalle pagine de La Voce di New York, ringraziavo pubblicamente il Ministro di Giustizia Bonafede e il Premier Conte, per le riforme della Giustizia civile che abbreviavano notevolmente le procedure della nota giustizia lumaca Italiana.
Lumaca è dire poco, in realtà occorrerebbe definirla, in qualche non raro caso, paraplegica e cerebrolesa. Questo, purtroppo è tristemente noto  a tutti coloro che hanno avuto necessità di rivolgersi ad essa per un torto subito o un danno da farsi risarcire e hanno iniziato il lungo calvario fatto di udienze inutili e altrettanti inutili e defatiganti rinvii anche di tre anni, tra un udienza e l’altra. 

Mi piacerebbe che qualcuno potesse smentirmi e dire che sono “fake news”, ma nessuno può farlo, perché è vero. Io stesso ho dovuto ricorrere alla Corte Europea per i diritti umani per avere un equo risarcimento almeno per l’eccessiva durata della procedura, il termine esatto è abnorme, 15, 18, o 26 anni … assurdo…. ma non sono rarità! Senza contare la prerogativa di certa magistratura Italiana di trattare le prove, anche quelle legali, ossia quelle autentiche o autenticate delle quali non può mai mancare la valutazione per legge e per diritto garantito anche dalla Convenzione Europea all’art.6.  come se si trattasse di “un topo sul tappeto del salotto buono”… 

Nel 2010 la Corte di Giustizia del Lussemburgo ha aperto un’infrazione contro lo Stato Italiano, comminando una multa da 40 milioni di Euro intimandogli una legge che rendesse lo Stato responsabile per la negligenza grave dei giudici anche in assenza di colpa grave o dolo, per mancata valutazione di prove, negazione del vero e affermazione del falso che risultano tali dalle prove incontrastabili allegate agli atti del procedimento e per la manifesta violazione del diritto comunitario e molto altro che solitamente accade nei processi Italiani, ma non possiamo ripeterlo qui o renderemmo l’articolo troppo pesante e noioso da leggere. 

Lo Stato, Governo Renzi, nel 2015, per evitare di dover pagare quella multa approvò la Legge 18/15 in riforma della Legge 117/88 anche nota come “Legge Tortora”, perché approvata in seguito al referendum popolare dopo la tragica vicenda che colpì il povero Enzo Tortora, accusato maldestramente da alcuni pentiti di essere un trafficante di droga e tenuto in carcere per anni prima di essere assolto.

Ebbene, la Commissione Europea, la Corte Europea e la Corte di Giustizia del Lussemburgo, hanno esaminato il caso dell’anomalia Italiana che, nonostante la marea di ricorsi alla CEDU di cittadini Italiani che lamentavano abusi e violazioni incredibili ma provati,  vedeva condannato in sede di ricorso alla Legge 117/88 “Tortora” un solo giudice, evidentemente senza santi in paradiso, tutti gli altri venivano regolarmente prosciolti e la formula utilizzata per ottenere l’impunità, o l’assoluzione se preferite, era semplicissima: “Era il mio libero convincimento!” e in nome dell’indipendenza della magistratura non rispondevano degli errori gravissimi commessi per non aver valutato correttamente le prove o per averle ignorate. Ossia, sulla base di questi falsi principi di libertà e indipendenza della magistratura, essi potevano dichiarare in sentenza anche che “gli asini volavano sui manici di scopa” e questo diventava senz’altro vero, nonostante nessuna prova lo potesse dimostrare e nessuna prova contraria potesse essere valutata a onor del vero.

Era il suo libero convincimento! … e la sua libertà e indipendenza dovevano essere salvaguardate, anche a prezzo del ridicolo.   Incredibile da dire e da credere ma è la pura verità, ben nota alla CEDU.

Per questo la Sentenza C379/10 della Curia del Lussemburgo ha condannato lo Stato Italiano e gli ha imposto di riformare quella legge iniqua  rendendola efficace nei confronti dei cittadini che avevano subito un ingiusto processo e dovevano avere la possibilità di ottenere un equo risarcimento in Italia, prima di doversi rivolgere alla Corte Europea.
Ora questa legge è in esecuzione nei Tribunali Italiani, alcuni ricorsi sono stati presentati, sempre sostenuti da prove incontrastabili come vuole la legge 18/2015,  ma la Corte di Giustizia del Lussemburgo non ha chiuso la procedura d’inflazione, sullo Stato Italiano pende ancora quella multa e sarebbe ripetuta fino a quando non sarà ripristinato il diritto al risarcimento dei danni provocati dalla grave negligenza o dolo nel pieno rispetto dei diritti garantiti dalla Convenzione europea sui diritti dell’Uomo.

Davvero triste dire queste cose nei confronti di una terra, l’Italia, che fu culla del Diritto.  I Romani, fin dai tempi della Repubblica, seguivano il principio: Iudex debet iudicare secundum alligata et probata! 
Significa “I Giudici devono deliberare secondo le prove allegate”.
Più chiaro di così questo principio di ogni diritto non potrebbe essere, dunque, perché in Italia occorre una condanna della Corte di Giustizia internazionale per tentare di farlo rispettare?  La risposta è ovvia.

Sicuramente dietro c’è la volontà di chi aveva la necessità di distruggere la certezza del diritto per garantirsi l’impunità, controllando la magistratura (ovviamente solo una parte di essa) e per farlo hanno dovuto insinuare nelle istituzioni giudiziarie elementi di fiducia di questo o quel potentato politico o economico che, attraverso il collaudato sistema dei concorsi truccati e delle raccomandazioni, ha politicizzato tutto per poter aggiustare i processi a favore degli amici o perseguire i nemici.
Azioni che, come si è saputo in seguito alla giusta inchiesta di Perugia, ma anche per altre rimaste in sordina per il disinteresse della stampa, hanno scoperchiato il tombino maleodorante che ha fatto perdere credibilità al sistema giudiziario Italiano. Per recuperarlo non bastano certo i proclami di riforma e le annunciate azioni, anche dal capo dello Stato che, capo del CSM, non si era mai accorto di come funzionava e di come erano eletti i componenti dell’organo di autogoverno della magistratura. Mah!  Un altro che avrebbe dovuto accorgersi di tutto questo era il Commissario dell’anticorruzione, il PM Cantone che, invece, non si era accorto di nulla.

Mah! Il grande vecchio della politica Italiana, Giulio Andreotti, diceva tra le altre cose: “chi controlla i controllori?” Ora, a dirigere la Procura di Perugia, che ha scoperchiato il vaso di Pandora della malagiustizia, è stato nominato proprio l’ex Commissario dell’anticorruzione.
Nessuna critica sulla persona ovviamente, ma mi sarei aspettato dal Ministro Bonafede e dal Premier Conte una nomina più tecnica e meno politica, Cantone era anche un possibile candidato Premier!  Ci sono bravissimi magistrati, quelli che scoprono le corruzioni  e le perseguono o ci provano, che protestano per essere lasciati in disparte, come ha fatto Di Matteo che ha perseguito le trattative Stato/Mafia.

Perché non si ricorre a loro per incarichi così importanti per il tentativo di ridare credibilità alla giustizia italiana? Ecco, io non capisco queste scelte che vengono da un governo che si proponeva come “del cambiamento”, cosa si può cambiare così?  Sembra la solita solfa.
Una riforma approvata il 6 dicembre 19, in attesa dei decreti attuativi, che eliminò i rincari assurdi dei costi della Giustizia civile (voluti dal governo Renzi), che la rendevano impraticabile ai comuni cittadini impedendogli di poter far valere un loro diritto, verrebbe stravolta dalle proposte dello strano organismo messo insieme dal Governo e che, proprio come predicava il Ministro Orlando, mettendolo anche in pratica, per risolvere i problemi dei ritardi della giustizia moltiplica ancora i contributi unificati da versare allo Stato per agire in giudizio. Costi davvero spropositati, anche alla luce della qualità del servizio ricevuto in cambio. Si deve rimpiangere il Governo Giallo/Verde o no?

Mi chiedo, ma il Movimento 5 Stelle è consapevole di avere scelto, così agendo, il suicidio politico? 

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Direttrice: Stefania Piazzo
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